IL “PUZZONE DI MOENA”, QUARTO FORMAGGIO TRENTINO CHE AVRA’ LA DOP

Il “Puzzone di Moena” – in ladino “Spretz Tzaorì” – sarà il quarto formaggio trentino a fregiarsi della DOP, Denominazione di origine protetta. Il quantitativo di “Puzzone di Moena” prodotto dai caseifici di Predazzo e Moena, di Campitello di Fassa, di Cavalese e di Mezzano di Primiero, è finora di 40-50mila forme all’anno. Il via libera alla trasmissione all’Unione Europea della per il riconoscimento è arrivato nel corso della riunione di pubblico accertamento per l’ di riconoscimento della DOP che si è svolta a Moena, convocata dal . Grande la soddisfazione dei produttori del “Puzzone” e dell’assessore all’agricoltura e turismo Tiziano Mellarini. ”L’esito della pubblica audizione  - ha Mellarini – è una importante a cui si è giunti dopo anni di confronto e incontri tra i vari territori e che testimonia una ulteriore crescita di identità del settore caseario trentino. Di ciò occorre ringraziare in particolare l’ per la richiesta della DOP guidata da Morandini, gli allevatori, che con il loro comportamento orientato al benessere degli animali, alla salubrità e tipicità dei prodotti hanno saputo valorizzare al meglio il frutto del loro duro lavoro e dei loro sacrifici, così come della Fondazione che ha dato il proprio apporto attraverso specifici progetti di ricerca. La DOP al “Puzzone di Moena” conferma la varietà dei formaggi trentini. Si tratta di un risultato che accrescerà il valore qualitativo delle casearie trentine. Mi auguro che sia anche per coltivare da parte dei produttori una unità di intenti ed operativa al fine di rafforzare la presenza sul mercato dei prodotti trentini e l’apprezzamento da parte di un consumatore sempre più attento ai processi di produzione e lavorazione dalla stalla alla tavola, alla salubrità ed al benessere degli animali.”  Il disciplinare di produzione vedrà la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale; trascorso un periodo di 30 giorni, la domanda per la DOP potrà essere ufficialmente inoltrata all’Unione Europea che, esaminata la domanda, si esprimerà per la concessione dell’ambito riconoscimento non prima di alcuni mesi. Da ricordare che la legge europea sulle Denominazioni di origine protetta consente agli Stati membri di concedere, su richiesta dei proponenti, la “protezione provvisoria”. Il disciplinare di produzione – approvato nella sua ultima stesura dall’ per la richiesta della registrazione della DOP lo scorso 19 aprile (le ultime modifiche hanno riguardato, in particolare, il sistema di alimentazione delle bovine e la gestione del latte di malga) – è la “carta d’identità” del formaggio. In esso sono descritte: le caratteristiche fisiche, chimiche e organolettiche del prodotto, la materia prima utilizzata (latte crudo di vacca), il periodo di stagionatura (dai 90 ai 150 giorni), la zona di produzione (Comuni di Campitello di Fassa, Canal San Bovo, Canazei, Capriana, Carano, Castello Molina di Fiemme, Cavalese, Daiano, Fiera di Primiero, Imer, Mazzin, Mezzano, Moena, Panchià, Pozza di Fassa, Predazzo, Sagron Mis, Siror, Soraga, Tesero, Tonadico, Transacqua, Valfloriana, Varena, Vigo di Fassa, Ziano di Fiemme ed i Comuni altotesini di Anterivo e Trodena), gli elementi che comprovano l’origine, la tracciabilità e rintracciabilità del prodotto, il metodo di ottenimento (il latte deve provenire da bovine di razza Bruna, Frisona, Pezzata rossa, Grigio Alpina, Rendena, Pinzgau e loro incroci), il tipo di alimentazione delle bovine (è vietato l’utilizzo di latte ottenuto da bovine alimentate con insilati), le modalità di raccolta, conferimento e trasformazione del latte (consentita solo nei caseifici dislocati all’interno della zona di produzione). Nel disciplinare sono descritti anche gli elementi che comprovano il legame del prodotto con l’ambiente d’origine e si menzionano le testimonianze che dimostrano come un formaggio “nostrano fassano” caratterizzato dalla crosta untuosa e dalla pasta con odore e sapore accentuati veniva prodotto ancora molti anni fa nelle malghe, nei caseifici turnari, nei masi di montagna, soprattutto in Val di Fassa, ma anche in certe aree della confinante Val di Fiemme e della conca di Primiero,



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