“Per ridurre i cosiddetti tempi di attraversamento dei cantieri, vale a dire l’iter burocratico, che occupa fino al 60% del periodo temporale, necessario alla realizzazione di un’opera pubblica, proponiamo, insieme a costruttori edili, sindacati e mondo della ricerca, un Patto per le Infrastrutture Utili da sottoporre a Governo ed opinione pubblica nell’interesse dell’economia e dell’occupazione in Italia.” Ad affermarlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), promotrice di un tavolo di lavoro (foto) con Ance, FILBI-Uil a nome dei sindacati confederali e Crea, preoccupati dal concreto rischio di restituire miliardi di euro all’Unione Europea e destinati alla realizzazione di infrastrutture, i cui cantieri sono altresì fermi per lungaggini burocratiche, mentre si avvicina il termine ultimo per l’ultimazione e la rendicontazione delle opere, fissato al 2023. Su questi temi, un primo confronto con il Governo e le forze parlamentari è in occasione dell’annuale Assemblea ANBI, in programma il 3 e 4 luglio,a Roma. “Grazie ad un proficuo lavoro con le Istituzioni ed a progetti esecutivi redatti dai Consorzi – ha soineato il Presidente di ANBI – siamo riusciti ad ottenere finanziamenti per opere necessarie al territorio, in più capitoli ed in diversi periodi, pari a circa 1 miliardo e 300 milioni di euro. A fronte di ciò, la professionalità dei Consorzi di bonifica ha prodotto, entro i termini prefissati, i succitati progetti definitivi ed esecutivi per una capacità di spesa doppia rispetto a quella disponibile, a testimonianza delle grandi necessità per aumentare soprattutto la resilienza ai cambiamenti climatici, contrastando fenomeni quali alluvioni e siccità. L’iter di tali progetti è rallentato per le lentezze della macchina burocratica”. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ad esempio, ha approvato il bando di selezione delle proposte progettuali del Piano di Sviluppo Rurale Nazionale (Psrn.) 2014-2020, che prevede un finanziamento destinato ai consorzi di bonifica per infrastrutture irrigue e pari a 291 milioni di euro. Al proposito sono stati presentati 84 progetti esecutivi per oltre un miliardo di euro, ma l’iter per l’individuazione delle opere da finanziare ad oggi non risulta ancora completato. Va inoltre considerato che la demarcazione tra Psrn e Piani di Sviluppo Regionali (Psr) prevede espressamente che, soltanto una volta completati gli interventi del Psrn, sarà possibile ottenere ulteriori finanziamenti per opere irrigue nell’ambito dei P.S.R. . Il ritardo nell’utilizzo dei finanziamenti disposti dal Psrn penalizza pertanto anche l’eventuale realizzazione di infrastrutture irrigue con i fondi dei Piani regionali. E’ stato inoltre sostenuto durante i lavori che nulla sia stato finora realizzato per attivare le procedure di spesa dei 295 milioni di euro (ormai già ridotti a 245 per altre “emergenze Paese”) previsti dal Fondo Sviluppo e Coesione (F.S.C.) per altre opere di irrigazione: anche l’utilizzo di tale finanziamento, infatti, è penalizzato dal ritardo dell’attuazione del Psrn. I cambiamenti climatici in atto, con le ricorrenti problematiche di scarsità idrica, nonché le conseguenti scelte del Parlamento imporrebbero, invece, un rapido ammodernamento degli impianti irrigui collettivi, con il duplice obiettivo di preservare la risorsa e razionalizzarne l’uso. L’utilizzo di tali finanziamenti consentirebbe infatti di disporre della risorsa idrica, fondamentale per una agricoltura competitiva, quale quella italiana, motore di sviluppo economico ed occupazionale per molti settori (produzioni tipiche, agroindustria, made in Italy), nonché per il turismo. Tale situazione di stallo burocratico si registra anche per altri settori; ad esempio: il Piano Nazionale Invasi ed il Fondo per la Protezione del Delta del Po dal fenomeno della subsidenza. La legge di bilancio prevede, per altro, una norma, che potrebbe risolvere in modo definitivo il problema dei “tempi di attraversamento”. Infatti, con riferimento alle sezioni “invasi” ed “acquedotti” del Piano nazionale di interventi nel settore idrico, nonché al Piano straordinario per invasi multiobiettivo e risparmio acqua, è specificamente previsto che il Ministero infrastrutture e trasporti e l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente segnalino i casi di inerzia e di inadempimento degli impegni previsti da parte degli enti di gestione e degli altri soggetti responsabili, proponendo al contempo gli interventi correttivi da adottare per il ripristino, comunicandoli alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ai ministri interessati; il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine (potrebbero essere 60-90 giorni), su proposta del Mit, di concerto con Ministero dell’ambiente, Ministero dell’ economia e delle finanze e Ministero delle politiche agricole, nomina un commissario ad acta. “E’ evidente – ha concluso il Presidente di ANBI – l’urgenza di assumere altri atteggiamenti ed altro dinamismo operativo; da qui, la necessità di un Patto tra tutti i soggetti, che operano e decidono il futuro di infrastrutture strategiche, affinché vengano realizzate; è un grido di allarme ed aiuto, che proviene dal mondo dei consorzi di bonifica, ma oggettivamente è forte anche da ogni settore produttivo e non può più essere disatteso. Dobbiamo fare in modo che le risorse vengano trasformate velocemente in cantieri: non si possono accettare tempi abnormi e ritardi incalcolabili, che danneggiano i territori e i cittadini. E’ necessario dunque rivedere procedure decisionali e responsabilità della pubblica amministrazione, affinché si metta un freno alla cultura del non fare” ha aggiunto Edoardo Bianchi, Vicepresidente di Ance. A fargli eco è Gabriele De Gasperis, Segretario Generale di FILBI-Uil, che, sottolineando la necessità di valorizzare la grande professionalità presente nei consorzi di bonifica, evidenzia come il futuro del territorio sia legato alla sua manutenzione, aspetto spesso trascurato nel nostro Paese. “Le grandi sfide, che siamo chiamati ad affrontare, dai cambiamenti climatici al consumo ottimale del suolo, dal risparmio idrico al riuso delle materie – ha concluso Salvatore Parlato, presidente del Crea. – sono alla nostra portata, sia come mondo produttivo, sia come enti di ricerca. Tali sfide presuppongono la disponibilità di know how tecnologico ed una capacità di fare innovazione, che il mondo della ricerca deve sempre più condividere con il sistema impresa. Per estrarre tutto il potenziale valore da simili network, occorre che il quadro istituzionale e l’assetto normativo, relativo al finanziamento di investimenti e ricerca, si adeguino alle nuove esigenze, migliorando il grado di semplificazione delle procedure e spingendo verso una sostanziale riduzione dei tempi burocratici, anche attraverso un rinnovo della classe dirigente pubblica.”

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