“Il disastro del Vajont, accaduto il 9 ottobre 1963, è impresso nella memoria collettiva dell’Italia come uno degli eventi più dolorosi del dopoguerra. Alle vittime dedichiamo un silenzioso ricordo, ai vivi un ringraziamento sincero perché la loro tenacia e determinazione sono di esempio per tutti e hanno riportato la vita dove la vita era stata spazzata via una sera di oltre cinquant’anni fa”. Il ricordo deferente è del presidente della Regione Luca Zaia, in occasione dell’anniversario della tragedia del Vajont, che costò a Longarone (Belluno) circa 2 mila vittime e un paese in gran parte ridotto al nulla.”Chi visita oggi queste valli – prosegue Zaia – vede chiara la volontà dei suoi abitanti di conservare la memoria di ciò che hanno subito, ma anche e soprattutto di guardare avanti. La ricostruzione non è stata solo quella edilizia, ma è stata anche di una comunità fortemente ancorata alla sua identità locale, all’appartenenza territoriale basata sulle esperienze di vita e sui ricordi, sulle relazioni sociali ed economiche”. “Il Vajont – aggiunge Zaia – ha significato morti, famiglie distrutte, case spazzate via, danni immani e oggi più che mai, anche se sono passati decenni da quei tragici eventi, ha reso evidente che la messa in sicurezza del territorio deve rappresentare una priorità. Il Vajont resta in questo senso una lezione tremendamente attuale e un richiamo che vuole fare da cassa di risonanza ad un grido di disperazione per troppo tempo inascoltato”.”Ecco perché oggi come ieri è importante ricordare – conclude il presidente veneto – e contribuire a fare in modo che anche le generazioni più giovani, che non hanno visto, possano percepire la portata sconvolgente di quanto è accaduto”. In verità, a distanza di tanti anni, c’è il magazzino del dolore e si trova in un sottoscala ai piedi della chiesa del cimitero monumentale di Longarone. All’esterno spuntano i cippi di pietra bianca che identificano le salme delle vittime del Vajont. L’area è stata completamente ridisegnata nel 2003, trasformando il cimitero allestito all’indomani del disastro della diga in un commuovente luogo della memoria. La tragedia accadde la notte del 9 ottobre di 53 anni fa, quando la frana si staccò dal monte Toc e finì nel bacino a monte della diga, sollevando una gigantesca massa d’acqua che spazzò via i comuni di Longarone, Erto e Casso. Alle targhette che cinquantatré anni fa servirono a identificare le tombe delle 1.910 vittime e dare il tempo agli scalpellini di soddisfare quell’improvvisa richiesta lapidi ci sono poi le croci in ferro battuto, decine di vasi, lumini, e un’urna divelta. Tutto questo rappresenta un patrimonio dal valore storico e affettivo inestimabile, per i sopravvissuti, assicura il presidente dell’associazione, che nei giorni della vigilia dell’anniversario ha chiesto al Comune di far uscire dal magazzino le steli funerarie. “Vorremmo che fossero accessibili, in un museo o in un’ala del cimitero adeguatamente attrezzata”. Il sindaco di Longarone, Roberto Padrin, che è anche il presidente della fondazione Vajont, ha coordinato il programma delle cerimonie di domenica 9 ottobre, la principale si terrà proprio nel cimitero, con la deposizione della corona in memoria delle vittime. L’esposizione permanente delle vecchie steli del cimitero del Vajont andrebbe, è stato osservato al sindaco da molti longaronesi, a inserirsi in quel percorso della memoria che richiama ogni anno circa 50 mila visitatori. Va precisato che la lista dei sopravvissuti si assottiglia sempre più: ad oggi sono rimaste 350 persone.

Lascia un commento