Contentori in plastica di varie dimensioni che si frantumano, reti da pesca che si usurano, granelli di plastica usati dall’industria (virgin pellets) che si sbriciolano. Così si formano le microplastiche, particelle più piccole di 5 millimetri che un gruppo di ricerca dell’ateneo di Venezia ha cercato e studiato nell’ambito del progetto europeo DeFishGear. Obiettivo saperne di più su questo tipo di inquinamento e i possibili rischi per gli ecosistemi (e per l’uomo), ma anche sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di ridurre la dispersione di rifiuti nell’ambiente costiero e marino. I risultati del progetto sono stati presentati a Ca’ Foscari nel corso dell’ultima edizione di “Venetonight”, la notte dei ricercatori. Il professor Giulio Pojana del Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali e i ricercatori Davide Marchetto e Aurelio Latella hanno condotto alcune campagne di monitoraggio per individuare la presenza e la natura di rifiuti e detriti di plastica in un’area costiera del litorale veneziano, in particolare agli Alberoni sull’isola del Lido e sulle acque superficiali davanti la bocca di porto di Malamocco. Le ricerche – informa una nota di Cà Foscari – hanno permesso di individuare particelle di vari materiali plastici, composte principalmente (in ordine di numerosità) da Polietilene (PE), Polipropilene (PP), Polistirene (PS) e Polivinilcloruro (PVC). Di particolare rilievo è stato il numero di frammenti e film di Polietilene e Polipropilene ritrovati, oltre che di schiume di Polistirene espanso. Si così appreso che sono state trovate fino a 2350 particelle di microplastiche per metro quadro di spiaggia. Il campionamento delle acque superficiali alla Bocca di Malamocco, nell’autunno 2015, ha anch’esso rilevato la presenza di una notevole quantità di microplastiche flottanti, fino a 230000 particelle per chilometro quadro.
Nonostante il numero elevato di particelle trovato, un confronto dei risultati ottenuti da questa ricerca con quelli disponibili relativi ad altre aree costiere del Mediterraneo ha permesso di classificare l’area oggetto di studio ad un livello medio-basso di contaminazione da microplastiche.

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