Gli italiani che soffrono di depressione sono oltre 3 milioni: una percentuale variabile tra il 4,4% e il 7% della popolazione. In Europa, il numero supera i 40 milioni e nel mondo ne soffrono 322 milioni di persone, quasi 5 persone ogni 100 (4,4%). La Società Italiana di Psichiatria ha stimato che la depressione sarà per il 2030 “la prima malattia più invalidante al mondo con altissimi costi sociali e forte impatto economico”. La depressione si caratterizza per la presenza di sintomi specifici, che devono presentarsi per almeno due settimane e causare gravi conseguenze personali, lavorative e sociali. Almeno uno di questi sintomi deve essere un umore depresso e/o una marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività (sintomi principali). Tale stato d’animo deve essere accompagnato da sintomi cognitivi come pessimismo, visione negativa del futuro, bassa autostima, riduzione dell’attenzione, memoria e concentrazione, difficoltà a prendere decisioni, ideazione suicidaria; da sintomi vegetativi quali insonnia e/o ipersonnia, perdita di appetito e/o perdita di peso, iperfagia e/o craving per carboidrati, diminuzione o assenza di libido, calo dell’energia, facile affaticabilità, somatizzazioni o sintomi dolorosi, variazioni circadiane dell’umore; e da sintomi motori come il rallentamento psicomotorio: riduzione della mimica, lentezza nel fare le cose, povertà di linguaggio, agitazione psicomotoria con eventuale ansia, irritabilità. Nei casi pù gravi la malattia porta anche al suicidio. A tal proposito è stato ricordato il figlio maggiore di Fidel Castro, Fidel Angel Castro Diaz-Balart, il quale si è tolto la vita all’Avana. Da tempo era in cura per depressione, come hanno spiegato i media cubani.  Ma come si può riconoscere in tempo la depressione e in che modo va trattata? La redazione de Il Bo ne ha parlato con Tommaso Toffanin che si occupa di disturbi dell’umore nella Clinica psichiatrica dell’Azienda ospedaliera, diretta dalla professoressa Angela Favaro dell’università di Padova. Quali sono i campanelli d’allarme della depressione? Come per molte altre patologie sia fisiche che psichiche l’esordio della depressione non è in genere improvviso, ma progressivo; e individuare una forma depressiva al suo esordio permette di intervenire tempestivamente per curare la persona che ne sta soffrendo prima che la patologia divenga invalidante. I sintomi iniziali possono essere sfumati e variare da individuo a individuo, ma sono accomunati da un “impoverimento” che colpisce diversi aspetti della vita del soggetto rendendola più immobile, scarna, insignificante. I primi passi nella depressione possono essere la perdita di interesse per le attività che in precedenza si vivevano come gratificanti, dal lavoro agli hobby al sesso, e per le relazioni con gli altri; la perdita di interesse per la propria persona, che non è più oggetto di cure e attenzioni; la perdita di progettualità, con tendenza al pessimismo e percezione di un senso di inutilità di ogni sforzo o impegno; disturbi fisici a carico dell’apparato digerente, in particolare diarrea o stipsi; insorgenza di insonnia o disagio nelle ore serali con difficoltà di addormentamento (accompagnate o meno da pensieri di morte); disturbi cognitivi. I medici di famiglia sono le prime figure professionali a cui di solito si rivolge chi soffre di un disturbo depressivo. Compito del medico di famiglia è di fare una prima valutazione dei sintomi presentati dal paziente ed eventualmente fare un invio allo specialista psichiatra. A Padova gli ambulatori specialistici si trovano presso i Centri di Salute Mentale di competenza territoriale. Inoltre la Clinica psichiatrica dell’Azienda ospedaliera-università di Padova ha un ambulatorio per i disturbi affettivi  che è specializzato nel trattamento farmacologico dei disturbi dell’umore e dei disturbi d’ansia, a cui si può accedere indipendentemente dalla zona di residenza, su indicazione e con impegnativa del proprio medico curante. Quali sono le cause dell’insorgere della malattia? Ad oggi la letteratura scientifica riconosce un’eziopatogenesi multifattoriale in cui vi è una combinazione di fattori genetici, biologici, ambientali e psicologici. Il modello di diatesi-stress specifica che la depressione si verifica quando una vulnerabilità preesistente, o diatesi, viene attivata da eventi di vita stressanti. La vulnerabilità preesistente può essere genetica, o “schematica”, derivante da visioni del mondo apprese durante l’infanzia. Un modello di tali interazioni è quello elaborato per spiegare il ruolo del gene trasportatore della serotonina, un neurotrasmettitore che regola moltissimi processi tra cui l’umore, il sonno e l’appetito. I soggetti che presentano la versione “corta”, del gene trasportatore della serotonina sono risultati sensibili allo stress e più ad alto rischio di depressione se avevano subito eventi di vita difficili. Invece, le persone con la versione “lunga”, erano protetti e non soggetti alla depressione in presenza di simili eventi. Tra i fattori causali, i fattori psicologici rivestono un ruolo chiave nell’insorgenza del quadro depressivo, e cioè il modo in cui la persona interpreta gli eventi e mobilita le risorse per far fronte ad essi. Secondo l’approccio cognitivo-comportamentale, i pensieri e le convinzioni negative su di sé, sul mondo e sul futuro hanno un ruolo chiave nell’esordio e nel mantenimento della depressione. Nella cura di questo disturbo, dunque, la terapia cognitivo-comportamentale si focalizza soprattutto sui modi in cui il soggetto interpreta gli eventi che accadono, vi reagisce e valuta se stesso. Il cambiamento nel modo di pensare porterà a una regolazione del tono dell’umore e a modificazioni dei sintomi e dei comportamenti, che a loro volta influiranno positivamente sui pensieri. Parallelamente a ciò si inserisce l’intervento terapeutico rispetto al comportamento quotidiano del paziente, attuando in maniera graduale specifici cambiamenti e procedendo in direzione inversa rispetto alla tendenza all’inattività e all’isolamento sociale indotta dal disturbo. In che direzione sta andando la ricerca scientifica? Recenti studi sperimentali supporterebbero l’ipotesi che la tossicità legata allo stress, determinerebbe cambiamenti morfologici (riduzione di volume) a carico di alcune aree cerebrali  nei soggetti depressi, in particolare provocherebbe alterazioni della struttura  ippocampale, che  regola l’ umore e  la memoria. La patogenesi della perdita di volume cerebrale dell’ippocampo è attribuita ai glucocorticoidi che agiscono in modo multifattoriale, determinando una riduzione dell’espressione di fattori neutrofici, come il brain-derived neurotrophic factor, e della neurogenesi nei neuroni ippocampali. La riduzione di volume dell’ippocampo riscontrata in soggetti depressi sembra essere correlata alla gravità dei sintomi depressivi, alla alterazione della memoria e alla durata di malattia non trattata; inoltre tende a regredire dopo un trattamento efficace. Qual è il contributo di Padova allo studio e al trattamento di questa patologia? L’ambulatorio per i disturbi affettivi della Clinica psichiatrica dell’Azienda ospedaliera-università di Padova si è da sempre occupato di pazienti complessi con resistenza ai trattamenti convenzionali. Sono stati effettuati, per esempio, studi clinici su popolazioni di soggetti con Morbo di Cushing e depressione maggiore ricorrente. Nei soggetti con Morbo di Cushing è stato studiata attraverso l’utilizzo di tecniche di neuroimaging la presenza di possibili alterazioni del volume ippocampale in relazione al possibile effetto neurotossico dei glucocorticoidi. In un altro studio clinico è stato valutato, di nuovo anche con tecniche di neuroimaging, l’effetto della stimolazione del nervo vago nei pazienti affetti da depressione resistente: oltre a un miglioramento del tono dell’umore, lo studio ha evidenziato un effetto positivo di aumento del volume dell’ippocampo. Tra i progetti futuri vi è lo studio degli effetti della stimolazione cerebrale non invasiva (transcranica) su soggetti affetti da depressione. Tale lavoro si inserisce in un  progetto di ricerca più ampio volto a valutare i correlati neurometabolici della risposta al trattamento nei pazienti depressi farmacoresistenti. In avvio vi è uno studio di farmacogenetica. Verrà utilizzato un test per l’analisi specifica dei polimorfismi genetici legati alla farmacocinetica e farmacodinamica di farmaci comunemente usati in neuropsichiatria. In questo modo la scelta tra diverse alternative farmacologiche viene semplificata, ed è possibile individuare il dosaggio più adeguato per ciascun paziente e consultare in anticipo le informazioni sui possibili effetti indesiderati del farmaco.

 

 

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