Con “Redune”, un progetto europeo LIFE dotato di 1,2 mio/€, saranno messe a dimora oltre 150.000 piantine di specie endemiche, per ricostituire gli ecosistemi sottoposti a pressione antropica. Si parla poco di dune, anche in Italia e nel Veneto. Ma è un errore. In effetti, oltre ad affrontare il mare, le dune “pagano” le conseguenze di una florida economia turistica, il cui effetto collaterale è un notevole impatto su questi fragili ecosistemi. Turismo oggi in forte crisi, ma che di certo ripartirà non appena questa emergenza Coronavirus verrà superata.
Gli ecosistemi dunali oltre a svolgere il ruolo di “serbatoi naturali” di sabbia e di barriera fisica per l’entroterra, ospitano tuttora una straordinaria biodiversità. Il progetto europeo affida a Veneto Agricoltura (Centro vivaistico di Montecchio P., Vicenza) il compito di fornire 151.000 giovani piante le quali dovranno contribuire a ricomporre gli habitat dunali del Veneto. In una nota e’ soiegato che sono cinque le tipologie dalla foce del Tagliamento a Punta Sabbioni, per un totale di quasi un milione di metri quadrati (915.000 mq): habitat di duna embrionale, duna bianca (dune mobili ad Ammofila); dune fisse a vegetazione erbacea (dune grigie); dune costiere a Juniperus. Il progetto, di cui Veneto Agricoltura con Regione e altri è partner, capofila l’Università Ca’ Foscari di Venezia gode di un finanziamento della UE di oltre 1,2 milioni di euro, e terminerà nel 2022. In questo contesto, l’impiego delle piante rientra in un complesso insieme di azioni che il progetto comunitario pone in atto per arrestare la perdita di biodiversità ed aumentare la resilienza di quella che per molti aspetti possiamo considerare la “frontiera” della nostra regione. Concretamente il progetto si prefigge di ridurre gli impatti del calpestio razionalizzando l’attraversamento degli habitat dunali e, grazie alle piantine che verranno messe a dimora, “rimarginare” le ferite che questo ha prodotto loro.Centaurea tommasinii, ad esempio, è una pianta endemica delle coste adriatiche, dove vive su dune fossili consolidate, tra gli habitat più minacciati. Come per tutte le specie erbacee di questi habitat aridi (il progetto riproduce però anche arbusti, come il ginepro, e vere rarità, come la Stipa veneta), i semi maturano d’estate e, una volta raccolti, vengono seminati in autunno, stagione favorevole alla germinazione. L’inverno viene trascorso in forma di minute rosette di foglie e ora, con i primi calori di primavera, quindi proprio in questo periodo e il verde che fa capolino nel nostro vivaio è il segno evidente, inizia lo sviluppo che porterà, entro il prossimo autunno, ad una pianta pronta per l’impianto nei siti litoranei. (ph arch.)

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