Nel corso di una conferenza stampa sullo studio dei Pfas, il DG della sanità regionale Domenico Mantoan ha reso noto che i carabinieri dei Nas si sono presentati negli uffici della sanità per acquisire documentazione e atti sulla vicenda. “Siamo sorpresi – ha detto – perché tutto quanto riguarda la vicenda Pfas è stato via via comunicato con tempestività e trasparenza, inviato alle Istituzioni competenti e alla magistratura, e pubblicato sul sito web della Regione. Non occorreva scomodare i Nas, bastava ci chiedessero e avremmo inviato tutto senza alcun problema”. La plasmaferesi e lo scambio plasmatico, le due tecniche utilizzate dai sanitari del Veneto per abbattere la presenza di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas e Pfoa) nella popolazione interessata al grave inquinamento di queste sostanze verificatosi in alcuni Comuni delle province di Vicenza, Verona e Padova, funzionano e, sinora, con un centinaio di casi trattati, senza il verificarsi di effetti collaterali, hanno determinato una discesa media di presenza di inquinanti nel sangue pari al 35% con la Plasmaferesi, e del 68% con lo scambio plasmatico. Questo confortante dato di sintesi è emerso durante la conferenza stampa tecnico-scientifica nel corso della quale è stato presentato un Report dal titolo “Primi risultati aggiornati al 14/12/2017 relativi all’applicazione del secondo livello del protocollo di screening  della popolazione esposta a sostanze perfluoroalchiliche a seguito dell’utilizzo della plasmaferesi per i soggetti con alte concentrazioni di Pfas (nel sangue ndr.). A illustrare lo studio, effettuato su rigorose basi scientifiche e corredato da ampia bibliografia internazionale, sono stati il Direttore Generale Domenico Mantoan, la responsabile della Direzione regionale Prevenzione Francesca Russo, la Dottoressa Alberta Alghisi, Direttore di Medicina Trasfusionale dell’Ulss 8 di Vicenza, e la dottoressa Giustina De Silvestro, Direttore del Dipartimento Interaziendale di Medicina Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliera di Padova (nella foto). La plasmaferesi è una procedura che consiste nella rimozione di piccole quantità di plasma (dove l’inquinante si annida, segnatamente nell’albumina ndr) senza necessità di sostituzione per il basso volume sottratto e viene utilizzata nei casi “meno gravi” con concentrazioni fino a 200 ng/ml. Al di sopra,  si utilizza lo scambio plasmatico (sigla tecnica Pex) che consiste invece nella rimozione di elevati volumi di plasma con sostituzione di un volume equivalente a quello prelevato infondendo una soluzione fisiologica albuminata al 4%. Entrambe le terapie fanno parte di una pratica denominata complessivamente Aferesi, il cui massimo livello scientifico è determinato dalle specifiche linee guida della Società Americana di Aferesi (ASFA 2016). Mantoan ha tenuto a precisare che “tutto è stato fatto in scienza, coscienza e prudenza, su basi tecniche ben definite, e tramite grandi professionalità come quelle delle dottoresse Alghisi e De Silvestro e dei loro team sanitari. I risultati scientifici parlano chiaro sull’efficacia delle scelte fatte, con l’obbiettivo di togliere il prima possibile dal sangue delle persone questi inquinanti, che hanno un tempo di dimezzamento naturale di 5 anni, il che significa un periodo di 20-25 anni per farli scomparire del tutto. Al momento uno studio del Registro Tumori del Veneto ha dimostrato che non ci sono evidenze di effetti sull’insorgenza di tumori, mentre è certo che si tratta di sostanze interferenti endocrine, il che non è un problema da poco”. I tecnici e i clinici presenti hanno commentato, con un certo stupore, le dure critiche arrivate alla plasmaferesi dal Ministero della Salute e dal Ministro Lorenzin, facendo presente che la stessa procedura viene utilizzata per circa 50.000 donatori di sangue l’anno in tutta Italia, sulla base del decreto dello stesso Ministro del 2 novembre 2015 e che vengono effettuate in Italia 27.000 Aferesi Terapeutiche (plasmaferesi o scambio plasmatico), delle quali circa 4.000 in Veneto. A sostegno, è stato diffuso il testo del parere favorevole alla pratica utilizzata per le persone contaminate da Pfas richiesto al Comitato Regionale per la Bioetica, presieduto dal Prof. Massimo Rugge dell’Università di Padova, trasmesso alla Regione il 5 ottobre scorso. Vi si legge, tra l’altro, che “le procedure di plasmaferesi e scambio plasmatico finalizzate a ridurre la concentrazione di Pfas sono incluse tra quelle previste dalle Linee Guida Internazionali sull’uso dell’Aferesi nella pratica clinica per rimozione di sostanze tossiche. Riteniamo di avere basi scientifiche ed etiche solidissime – ha detto Mantoan – anche perché, se la plasmaferesi è inutile, controindicata o addirittura pericolosa per i veneti contaminati da Pfas, allora dovrebbe esserlo anche per i 50.000 donatori di sangue che la ricevono ogni anno in tutta Italia. Abbiamo chiesto e torniamo a chiedere al Ministero – ha aggiunto il Direttore Generale della sanità veneta – che ci faccia avere la documentazione scientifica sulla quale si sono basate le critiche rivolteci dal Ministro nel question time del 13 dicembre. Siamo pronti a confrontarci serenamente sul piano tecnico-scientifico – ha proseguito – e come segnale di buona volontà, da oggi ho disposto la sospensione dell’offerta di tale trattamento ai veneti contaminati dai Pfas, nella speranza che si possa effettuare velocemente un serio confronto, che sia esclusivamente tecnico-scientifico. Anche perché – ha concluso – se la plasmaferesi non va bene – il Ministero dovrà indicarci quali altre procedure adottare per disintossicare i nostri cittadini”. Lo studio presentato specifica che “i soggetti trattati sono stati sottoposti a ripetuti dosaggi plasmatici per la determinazione della concentrazione di Pfas” e che “il protocollo utilizzato è descritto nella delibera regionale 851 del 13 giugno 2017”. Si precisa anche che “i soggetti con meno di 14 anni non rientrano nel protocollo in oggetto”. Per quanto riguarda la plasmaferesi, erogata dalla Medicina Trasfusionale di Vicenza, sono stati valutati, con colloquio e visita preliminare, 111 soggetti dei quali 70 hanno già intrapreso il trattamento (che si compone di 6 sedute). 30 hanno già concluso l’intero ciclo. Per quanto concerne lo scambio plasmatico, effettuato dal Dipartimento Interaziendale di Medicina Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliera di Padova, sono finora stati valutati 49 soggetti, dei quali 16 hanno già concluso il trattamento, 3 sono in corso, 16 sono in lista e 8 sono in attesa per accertamenti sanitari.

 

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