Secondo il terzo rapporto nazionale sull’imprenditoria femminile realizzato da Unioncamere, il welfare welness, il made in italy e il turismo sono i settori con un tasso di femminilizzazione superiore alla media generale (pari al 21,6%). Le donne si dedicano ad attività di servizi alla persona (58,7% delle aziende che operano in questo settore sono “rosa”), sanità ed assistenza sociale (38,3%) tessile e abbigliamento (35,6%) istruzione (29,5%) alloggio e ristorazione (29,4) agricoltura, silvicoltura e pesca (28,4%). A seguire commercio, cultura e intrattenimento e servizi operativi. Si tratta di un quadro che afferma l’interesse delle imprenditrici verso il benessere, l’inclusione delle comunità e ad altri aspetti del patrimonio immateriale della tradizione legati al “saper fare” che fanno la competitività dell’economia italiana. “Qualità, innovazione e creatività sono i pilastri importanti del Made in Italy – ricorda Franca Castellani, responsabile di Donne Impresa Coldiretti Veneto (nella foto) che conta 24 mila associate pensando alle eccellenze dell’agroalimentare, della moda e dell’accoglienza turistica”. Il buono, bello e benfatto appartiene alla nostra cultura – continua Castellani – e questa indagine conferma la capacità dell’altra parte del cielo di sintetizzare mettendo a reddito le abilità insite nel Dna di tutte le donne. Ciò vale soprattutto in agricoltura, dove in campagna si può esprimere al meglio l’attenzione verso l’altro, la solidarietà, l’integrazione e la professionalità manuale tramandata dalle generazioni che esalta l’ospitalità in un paesaggio curato. A nord est si assiste pure ad una controtendenza: le donne titolari di azienda aumentano del 2,6 contro la diminuzione del 2,6 dei colleghi maschi.

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