“Viriditas” è il titolo scelto da Olimpia Biasi di Treviso per raccontare, in un’intensa mostra all’Orto botanico di Padova, la sua ultima fase creativa, quell’universo in cui oggi confluiscono visioni cosmiche, linfa e umori di sapore medievale e le nuove frontiere del sapere naturalistico; una natura magmatica e pulsante, arti femminili e poteri ancestrali e un mondo animale di antica potenza. E non poteva esserci luogo più evocativo per realizzare una personale dell’artista trevigiana alla quale la critica in passato ha riservato tanta attenzione e belle pagine. Curata da Virginia Baradel, dal 19 gennaio al primo maggio, la mostra promossa dall’Università di Padova, si pone in dialogo con il luogo sia attraverso le opere collocate negli spazi espositivi interni – le garze, gli erbari, i disegni, i teleri – sia con tre mirabili installazioni inserite all’aperto, tra gli alberi, le piante e l’acqua. Concentrato di varietà botaniche e di conoscenze scientifiche e filosofiche, di sapienze medicinali e influenze esoteriche, l’Hortus Patavinus (primo orto botanico universitario al mondo, istituito nel 1545, e da vent’anni Patrimonio Unesco) ben si presta a far emergere le suggestioni che muovono la creatività della Biasi in questa più recente stagione. Suggestioni che riverberano nei suoi lavori, ove il viscerale amore dell’artista per la natura – lo stesso che la spinge a prendersi cura di un meraviglioso giardino-ispiratore nella sua casa atelier di Lovadina – non si traduce in mimesi, bensì nella ricerca profonda del “senso”, di quell’essenza che è interiore e universale. Questa sua creatività in mostra prende due strade: quella dell’espressività informale, già indagata da diversi anni, e la tessitura di forme leggere (le Garze), “composizioni aeree, blande nel peso, fluide nelle tracce ma precise nel dettaglio”, come scrive Baradel nel prezioso catalogo, edito da Grafiche Antiga, che accompagna l’esposizione. Garze popolate di figure “che appartengono alla natura ma sono sottratte ad ogni forma di naturalismo, come se la natura tornasse regno e visione e dimenticasse di essere stata sfondo e veduta (…); vere quanto le “creature” di Ildegarda di Bingen, la mistica tedesca da cui provengono i fili dell’immaginazione, che affiancati dal fare manuale e sollecito del lavoro femminile e di cultura ispirano gli ultimi lavori della Biasi”. “Su teli di garza, tessuto primitivo che evoca telai domestici, ho fatto ‘germinare’ il mondo degli incolti’ – ha spiegato l’artista – dove brulicano insetti, piccoli animali inconsapevoli, lacerti vegetali e allusioni agli erbari colti, minuziosamente disegnati e dipinti su carta di risulta, stoffe, nastri”.

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