Aperto a Venezia un rito per la causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Abate Mechitar di Sebaste, fondatore della congregazione armena mechitarista. La cerimonia nella chiesa di San Martino di Castello e’stata presieduta dal Patriarca Francesco Moraglia. C’e’ stato pure,come da procedura canonica,il giuramento degli ufficiali di causa, tra cui il Patriarca stesso, don Benedict Ejeh, Preside della Facoltà di Diritto canonico, e don Pierpaolo Dal Corso, notaio di Curia e docente presso la Facoltà di Diritto canonico. Da Gente Veneta, settimanale diocesano, e’ststo ricordato il cv di Mechitar. Egli nacque con il nome di Petros Manuk a Sivas (l’antica Sebaste), in Anatolia, il 7 febbraio 1676 ed entrò nel monastero di “Surp Nshan” (della Santa Croce), assumendo il nome di Mechitar (cioe’“Consolatore”). Nel 1696, all’età di vent’anni, fu ordinato prete. Ispirato dall’idea di creare un ordine dedicato alla pratica spirituale e alla ricostituzione spirituale del popolo armeno; a questo scopo diede vita a Costantinopoli nel 1701 all’ordine che da allora porta il suo nome. Due anni dopo, insieme ai suoi confratelli, riuscì a mettersi in salvo dalle persecuzioni delle autorità Ottomane: l’ordine si trasferì verso Modon nel Peloponneso (Morea), allora possedimento della Repubblica di Venezia. Nel 1715 costruì il monastero di San Lazzaro degli Armeni, in un’isola della laguna di Venezia. È ancora oggi considerato il pioniere della rinascita della letteratura armena in lingua classica, in particolare per aver composto un’edizione della Bibbia nel 1735, ed aver compilato un Dizionario di armeno nel 1749. Mori’dopo malattia il 27 aprile 1749 nel convento dell’isola venziana di San Lazzaro degli Armeni.
«Mechitar – secondo il Patriarca Francesco – inaugura di fatto “una Scuola dei Lumi cristiana”, perché la sua fiducia nella ragione si rivela come reale fiducia in una ragione illuminata dalla fede, in una ragione che non può perciò essere limitata in una chiave e in una visione riduttiva o parziale, legata all’esperienza storica dell’Illuminismo. Da sempre il magistero della Chiesa ci insegna, infatti, ad operare uno sguardo sulla realtà che è, ad un tempo, di fede e di ragione; ci si occupa dell’uomo affermandone e promuovendone le differenti dimensioni. L’uomo è persona, identità propria, irripetibile e insieme è relazione; nell’uomo non è possibile disgiungere la dimensione e il senso verticale (Dio) dalla dimensione e dal senso orizzontale (la relazione con il prossimo)». (ph GV).

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