Un legge veneta che vieta il burqa sarà trasmessa al Parlamento perchè recepisca questa istanza e diventi legge nazionale. Il Consiglio regionale del Veneto ha approvato il progetto di legge nazionale sul divieto di indossare indumenti che rendano difficoltoso il riconoscimento del volto, noto come provvedimento ‘anti burqa’. Con 31 voti a favore (Lega Nord-Gruppo Zaia Presidente-Lista Tosi-Veneto del Fare-Veneto Civico), otto contrari (Pd, Moretti Presidente e consigliere regionale Patrizia Bartelle M5S) quattro non partecipanti al voto (consiglieri M5S). Il pdl vieta di indossare indumenti che rendano difficoltoso il riconoscimento del volto, ma inserisce anche la proposta di modifica del Codice penale con l’introduzione del reato di “Costrizione all’occultamento del volto”. Ora il provvedimento, che univa due diverse proposte di legge, una avanzata dal consigliere Sergio Berlato (FdI-An Mcr) l’altra con primo firmatario Alberto Villanova (Gruppo Zaia Presidente), sarà inviata al Parlamento nazionale. Come noto, il più integrale dei veli islamici è il burqa, un indumento che copre tutto il corpo e che comprende anche una retina davanti agli occhi. È diffuso maggiormente in Afghanistan, Pakistan e e indossato da donne delle comunità musulmane dell’India. Al momento, in Italia non esiste una legge che vieta precipalmente l’utilizzo di un velo che copra il volto come il niqab o il burqa. Ci sono solo due Paesi in Europa che hanno emanato una legislazione simile negli ultimi anni: la Francia, (2010), e il Belgio (2011). Chi sostiene l’esistenza di un divieto già in atto anche in Italia fa riferimento di solito a una legge che risale agli anni di piombo, quando il Paese dovette fronteggiare numerosi atti terroristici di matrice politica. Il riferimento è all’articolo 5 della “legge Reale” sull’ordine pubblico, un provvedimento abbastanza discusso e sottoposto a referendum nel 1978 (che ne mantenne la validità). Nel 1977 la legge Reale è stata modificata (con l’articolo 2 della legge n. 533) in senso più restrittivo nei confronti dell’abbigliamento da tenere in pubblico. La nuova formulazione dell’articolo diventò : “È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo”. Sul caso si sono pronunciati diversi tribunali, solitamente dopo ricorsi contro ordinanze locali che vietavano i veli integrali. Uno dei primi casi e più noti – un’ordinanza del sindaco di Azzano Decimo (Pordenone) del 2004 – ha innescato una battaglia legale arrivata fino al Consiglio di Stato. Nella sentenza 3076/2008, il supremo tribunale amministrativo italiano ha scritto: “Il citato art. 5 [della legge del 1975] consente nel nostro ordinamento che una persona indossi il velo per motivi religiosi o culturali”. La legge anti burqa in Italia deve trovare concretezza e applicazione, dopo le decisioni politiche e interpretazioni giuridiche.  L’assessore alla sicurezza Simona Bordonali ha ricordato che in Lombardia “non è più possibile entrare in ospedale e negli uffici regionali con burqa, niqab o qualsiasi oggetto che impedisca la riconoscibilità. Avevamo promesso che il divieto sarebbe entrato in vigore entro il 31 dicembre, e l’abbiamo fatto”. Insieme al cartello, a tutti gli uffici è arrivata la richiesta di «provvedere con effetto immediato all’affissione» e di «formare il personale per garantire la rigorosa applicazione della disposizione”.

 

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