Nei meandri di Palazzo Santo Stefano di Padova un rifugio antigas e un rifugio antiaereo, il primo costruito per dare protezione alla popolazione già dopo la Grande Guerra, il secondo per ospitare il Comitato di protezione antiaerea dal 1944 in poi. Due luoghi di storia che la Nuova Provincia di Padova intende riportare alla luce per farne un Museo della Memoria accessibile direttamente dalla sede istituzionale dell’Amministrazione provinciale. Il progetto esecutivo è stato approvato dal presidente della Nuova Provincia di Padova Enoch Soranzo. L’intervento museale si suddividerà essenzialmente in due parti: la prima denominata “rifugio antigas”, è posta in piazza Antenore 3, in corrispondenza della “Sala dello scalone d’onore di Palazzo Santo Stefano”. La seconda “rifugio antiaereo”, si trova all’interno del giardino del Palazzo del Prefetto, con accesso lungo via Riviera Tito Livio. Sono due luoghi finora nascosti che saranno resi visitabili attraverso un percorso museale articolato in otto sale espositive. Il Piano di valorizzazione prevede immagini e video emozionali sulla Seconda Guerra Mondiale, proiezione di filmati storici, totem informativi e descrizioni tecniche delle porte a tenuta stagna, le bussole d’ingresso al rifugio antigas e dei macchinari di allora. Fulcro della visita sarà anche l’impianto di elettroventilazione e pedali ancora ben conservato nel sotterraneo, l’accesso al rifugio tubolare che corre sotto Piazza Antenore e il proseguimento del percorso al rifugio antiaereo di via Riviera Tito Livio.
Il costo delle opere è di 300.000 euro già stanziati dalla Provincia e comprenderà, oltre alla predisposizione dei materiali multimediali, anche i necessari restauri edili, in particolare per l’eliminazione dell’umidità e il rifacimento degli impianti elettrici. Una delle lavorazioni più importanti riguarda soprattutto il rifugio anti aereo in particolare per il trattamento delle superfici esterne. “Quando sono venuto a conoscenza dell’esistenza di questi due rifugi – ha spiegato il presidente Soranzo – ho pensato che è un peccato lasciare che la polvere, l’umidità e le ragnatele ne seppelliscano per sempre la memoria. Soprattutto in questi tempi in cui la frenesia moderna tende a cancellare il passato e a trasmettere alle future generazioni il messaggio distorto che la libertà, la democrazia e i nostri valori siano acquisiti per sempre. Abbiamo il dovere di raccontare che la nostra prosperità e i nostri stili di vita si fondano sul sacrificio di migliaia di italiani che morirono nelle due guerre mondiali. E penso che più che le parole, spesso anche i luoghi hanno ancora molto da dire e raccontare. Basta entrare e dare uno sguardo a questi rifugi per provare almeno una piccolissima parte di ciò che doveva essere la quotidianità dei nostri concittadini in quegli anni” (dove la vita era appesa ad un filo e bisognava cercare un rifugio non appena suonavano le sirene e comnciava un borbamdamento).

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