Il mistero del vero volto di Andrea Palladio sta per essere svelato. Saranno gli esperti della Polizia Scientifica e gli storici dell’arte e dell’architettura a giungere a delle conclusioni finalmente attendibili. Mettendo così fine, dopo 500 anni, alle infinite controversie su quale faccia avesse il più celebre architetto di ogni tempo. Il responso, molte atteso, sarà comunicato ufficialmente il prossimo 12 aprile nel corso di una conferenza stampa nazionale convocata al Ministero per i Beni Culturali, a Roma. Intanto, ai Civici Musei agli Eremitani, Guido Beltramini, Direttore del Centro Internazionale Studi Andrea Palladio di Vicenza e curatore della mostra che proprio al Volto di Palladio vi è allestita sino al prossimo 18 giugno, ha illustrato la secolare vicenda, nel corso di in una conferenza pubblica. A promuovere l’incontro è stato il Direttore dei Civici Musei padovani Davide Banzato che ha introdotto lo studioso vicentino. Palladio è padovano, anche se universalmente ritenuto vicentino. Opportuno che la vicenda della sua reale apparenza fisica venga discussa anche nella sua città natale, proprio adesso che tutto fa sperare che il vero volto di Palladio non sia più un “cold case”. Per la mostra vicentina, infatti, l’indagine è stata riaperta e gli indizi accumulatisi sono rivelati impressionanti, da Mosca al New Jersey negli USA. Sono stati individuati ben undici ritratti provenienti due da Londra (RIBA Collections e Royal Collection at Kensington Palace), uno da Copenaghen (Statens Museum), quattro da Vicenza (villa Rotonda, villa Valmarana, teatro Olimpico, villa Caldogno), uno da Notre Dame, Indiana (Snite Museum of Art), uno da una collezione privata a Mosca, uno da Praga (Národní Muzeum), uno da un’asta di Christie’s a New York ed un ultimo da un antique shop nel New Jersey. Sono tutti autentici ? L’uomo ritratto è effettivamente Palladio “La mostra – ha detto Beltramini – è il frutto di anni di lavoro e di ricerche, che hanno consentito di convocare a Vicenza i più credibili fra i ritratti presunti di Palladio. Ma anche i meno credibili, come un dipinto di Bernardino Licinio del 1541, oggi conservato nella Royal Collection a Kensington Palace, taroccato con una scritta “Andreas Paladio” (si, con una sola “l”, alla veneta!) per venderlo alla famiglia reale inglese nel 1762. In realtà dagli archivi e biblioteche erano emerse notizie sull’esistenza di solamente due ritratti di Palladio: il primo di mano del veneziano Jacopo Tintoretto (elencato nella collezione di un gioielliere tedesco nel 1603), il secondo del pittore veronese Orlando Flacco, di cui dava conto nientemeno che Giorgio Vasari nelle sue celebri Vite. Grazie alle ricerche promosse in occasione della mostra è stato possibile ritrovare il ritratto di Flacco, che era arrivato sino a Mosca, nella collezione di un eccentrico architetto russo, Ivan Zoltovski, l’uomo capace di convincere personalmente Lenin, Stalin e infine Chruscev che Palladio doveva essere un modello obbligato per la nuova architettura sovietica. Al ritratto cinquecentesco opera di Orlando Flacco la mostra è in grado di accostarne un secondo, opera un altro veronese Bernardino India, scovato da uno storico dell’arte americano in un antique shop nel New Jersey. Si tratta di dipinto ad olio su una tavoletta di noce delle dimensioni di 22,8 x 16,8 centimetri: faceva parte di una serie di ritratti di uomini famosi, in piccolo formato per essere collezionati nel proprio studiolo (antenati delle figurine Panini, ad uso degli intellettuali). Il Palladio appare simile al ritratto di Flacco, con l’inedita particolarità di celare la calvizie con un cappello”. “E tutti gli altri ritratti supposti di Palladio ? Il Palladio Museum ha chiesto aiuto – ha continuato Beltramini – al Servizio di Polizia Scientifica della Polizia di Stato, che – in un intrigante incontro fra scienze forensi e arte – sta completando complesse analisi di comparazione fisionomica fra i dodici dipinti per identificare tratti comuni e differenze. L’indagine è oramai prossima alle conclusioni che saranno rese note nell’imminente incontro Stampa al Ministero”. Lo stesso allestimento di mostra, progettato da Alessandro Scandurra, restituisce l’atmosfera delle detective-story. Accanto ad ogni dipinto il visitatore trova dei tavoli luminosi in cui sono presentati i “reperti” ritrovati nell’indagine: radiografie dei quadri, sezioni stratigrafiche che evidenziano la successione delle pellicole pittoriche, antiche fotografie, documenti. E’ così possibile verificare le ipotesi proposte in mostra e ritrovare il “proprio” Palladio. “Ma resta – ha concluso Beltramini – una domanda aperta: perché mai Palladio, rompendo le consuetudini editoriali del suo tempo, non inserisce il proprio ritratto sui I Quattro Libri dell’Architettura, il trattato che pubblica a Venezia nel 1570? Palladio preferisce celare se stesso nel libro perché non vuole legare i Quattro Libri a un tempo, a una occasione. Vuole che vivano nel futuro, attraverso chi vorrà usarli: con i Quattro Libri in mano, noi siamo Palladio. E’ quanto hanno fatto Thomas Jefferson negli Stati Uniti, Caterina II in Russia, Guglielmo il Grande in Prussia”. Info: segreteria@cisapalladio.org 0444.323014

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