Il 5 marzo, alle ore 17, presso la Sala Grande del Castello del Buonconsiglio presentazione del volume su “Vincenzo e Gian Gerolamo Grandi” firmato da Massimo Negri e edito dalla Soprintendenza per i beni culturali nel quadro di una fruttuosa collaborazione con l’Università di Trento. All’incontro, introdotto dal direttore del Museo Castello del Buonconsiglio Laura Dal Prà e dal dirigente della Soprintendenza, Sandro Flaim, interverranno lo storico dell’arte Andrea Bacchi, docente presso l’Università di Bologna, e l’assessore provinciale alla cultura Tiziano Mellarini. Radicata in quella cultura antiquaria veneta nella quale si riconosce un fondamento di tutto il Rinascimento, l’opera di Vincenzo e Gian Gerolamo Grandi, zio e nipote, scultori e bronzisti, si svolse principalmente a Padova, a confronto con i capolavori lasciati da Donatello e Mantegna e con le ricerche dei Lombardo e di Andrea Riccio. Eppure, la loro opera più spettacolare risale inequivocabilmente alla significativa “parentesi” trentina (1532-1542), legata al vivo tessuto di relazioni fiorito, sotto l’abile regia del principe vescovo Bernardo Cles, in un territorio a metà tra mondo tedesco e mondo italiano, elevato al centro della scena europea dagli eventi e dalle trattative che prepararono il Concilio. A Trento, infatti, i due maestri lasciarono la monumentale cantoria per la chiesa di Santa Maria Maggiore, scolpita in marmo e arricchita di bellissimi bronzi all’insegna di un linguaggio autenticamente moderno e cinquecentesco; ma non andranno dimenticati i loro numerosi e raffinati bronzetti – bacili, picchiotti, placchette, candelabri e soprattutto campanelli da tavolo – che oggi arricchiscono le collezioni del Castello del Buonconsiglio e dei maggiori musei europei e americani. A quasi mezzo secolo dall’ultima monografia dedicata ai Grandi da Francesco Cessi (1967), il testimone è stato raccolto da Massimo Negri, giovane studioso trentino che ha rielaborato con entusiasmo la tesi di laurea discussa presso la Facoltà di Lettere di Trento nell’ambito di una consolidata collaborazione tra l’ateneo trentino e l’allora Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, librari e archivistici diretta da Laura Dal Prà, dal 2014 divenuta Soprintendenza per i beni culturali sotto la guida di Sandro Flaim. È nato così il volume “Vincenzo e Gian Gerolamo Grandi. Scultori di pietra e di bronzo nel Cinquecento veneto”, edito dalla Soprintendenza nel solco degli approfondimenti dedicati ad Alessandro Vittoria e ad Andrea Riccio, insigni scultori trentini attivi soprattutto in Veneto, a completare la rassegna degli intensi legami artistici rinascimentali tra le due aree in un tempo che vide una felice convergenza tra produzione, mecenatismo e nuove forme di appassionato collezionismo. Indirizzato da Andrea Bacchi e Luciana Giacomelli, l’uno membro del corpo accademico, l’altra funzionaria di Soprintendenza, Massimo Negri non ha esitato di fronte alla necessità di aggiungere o espungere opere dal corpus grandiano, individuando e “certificando” pezzi importanti ma ancora giacenti senza attribuzione nelle più prestigiose istituzioni museali del mondo, a riprova del costante apprezzamento tributato alle creazioni di questi artisti dal loro tempo alla riscoperta della loro arte da parte dell’erudizione ottocentesca. Ripercorrendo le tappe salienti della biografia e della carriera dei Grandi, l’autore vaglia e, dove necessario, rettifica cronologie, iconografie, committenze, relazioni artistiche con gli altri protagonisti della scultura veneta del XVI secolo, scoprendo tra l’altro inedite parentele con l’ancora enigmatico Pirgotele; in questa ampia revisione storica e critica si inserisce anche la precisazione della data di nascita di Vincenzo, anticipata al 1485. Il volume inoltre si fregia di un contributo di Stefano Volpin, che rende conto delle indagini chimiche compiute per la Soprintendenza su sei bronzetti dei Grandi conservati presso il Castello. La pubblicazione rappresenta quindi un sostanziale progresso di conoscenza, illustrando in modo sistematico il lascito di una coppia di artisti di importanza fondamentale per la storia dell’arte non solo locale; come promessa per il domani, dimostra inoltre con quanto rigore scientifico sappiano lavorare le nuove generazioni, ribadendo l’impegno della Soprintendenza ad affiancare il mondo universitario nella formazione di quelle persone di cultura di cui la società ha sempre tanto bisogno per conservare e valorizzare il patrimonio.

Lascia un commento