In diretta dall’Ecuador il racconto delle cafoscarine Sarah Berno, che nella scuola di Yachay Wasi è per tutti Mashi Sarita (compañera/maestra Saretta), e Marica Tarallo, che al Centro di Educazione Integrale Paola di Rosa è Tia Mari. Sarah ha 28 anni, è originaria di Riese Pio X e si è laureata a Ca’ Foscari in Economia e Gestione delle Arti e delle attività culturali. Marica arriva da Lecce e a Ca’ Foscari ha seguito il Master sull’Immigrazione e si è laureata alla Magistrale in Lavoro, cittadinanza sociale, interculturalità. Ora, in cima alla loro to-do list, c’è l’impegno a lasciare qualcosa di concreto nella comunità ecuadoregna che le accoglie, anche attraverso una raccolta fondi per progetti educativi. Qi questo si occupa una news di Cà Foscari. Quali sono state le vostre esperienze dopo la Laurea? S: Ho trascorso un periodo di ‘limbo’ in cui pensavo: che faccio ora? Ho deciso di sospendere momentaneamente gli studi, viaggiare e approfondire la conoscenza dell’inglese. Ho partecipato a diversi interscambi europei su varie tematiche (povertà, teatro dell’oppresso, musica…) e in seguito mi sono trasferita in Australia, dove ho capito che quello che mi interessava delle arti erano i tessuti sociali che si creavano, le dinamiche che si sviluppavano tra le persone, la creatività come forma di conoscenza. Mi sono quindi iscritta a un corso di arte-terapia a Barcellona e ho iniziato a lavorare nel mondo dell’educazione. E poi… patapum! Ho fatto domanda per il servizio civile e mi sono ritrovata a Quito a insegnare in una scuola indigena. M: Durante e dopo gli studi, mi sono dedicata all’insegnamento di italiano a stranieri, attività  socio-educative con minori e neomaggiorenni stranieri non accompagnati, di promozione dell’intercultura ed animazione sociale con associazioni del territorio veneziano; inoltre ho svolto un tirocinio di Europrogettazione presso l’Area Ricerca di Ca’ Foscari. Attualmente sto concludendo il mio Servizio Civile Nazionale (SCN) all’Estero in Ecuador, con la Ong inviante Engim Internazionale. In Ecuador con il Servizio Civile: potete raccontate la vostra esperienza? S: Un anno fa mi stavo preparando psicologicamente al fatto che mi sarei trasferita a Quito a lavorare in una scuola. Sembra di vedere una me molto diversa, ancora ignara di tutte le emozioni e avventure che avrei provato nel venire qui. Yachay Wasi, questa è la realtà dove sono capitata, è una piccola scuola diretta da Mashi Laurita e Mashi Fernando, membri delle comunità indigene ecuadoriane che insegnano nel rispetto della cultura kichwa, delle conoscenze ancestrali, dei rituali legati alla pachamama, del valore delle tradizioni. Quest’anno sono stata la mashi di una piccola classe di bimbi tra 7-8 anni. Mi è stato affidato il compito di insegnare loro tutte le materie, da spagnolo, a scienze, matematica, kichwa e molte altre. Eccomi dunque a lavorare con queste splendide creature, cercando di insegnare loro la bellezza di conoscere e studiare, ma soprattutto il rispetto per Terra, per le piccole cose della vita, per la condivisione. Lavorare all’interno di Yachay Wasi è stato meraviglioso perchè ho potuto conoscere il mondo kichwa, partecipare ai rituali nell’orto con fiori e frutti, musiche e brindisi alla terra; ascoltare le loro leggende, vedere come interagiscono con gli esseri della natura: montagne, farfalle, cascate e uccelli, tutti possessori di spiriti di vita e molte altre cose ancora impossibili da riassumere. M:  Sono arrivata a Quito da circa dieci mesi, a volte sembra  un soffio, a volte sembrano anni. Io presto servizio come educatrice in un centro di appoggio scolastico nella periferia sud dela città. In un certo senso, il mio viaggio fin qui è cominciato circa quattro anni fa proprio a Ca’ Foscari, grazie ai racconti entusiasti di alcune compagne del Master sull’Immigrazione, appena tornate dal loro SCN in Ecuador. Poi la laurea magistrale, il lavoro con l’immigrazione, l’incontro con esperienze di educazione popolare e libertaria, il Teatro dell’Oppresso… È curioso, ma molte di queste esperienze, letture ed incontri dei miei anni cafoscarini sembravano ricondurmi all’America Latina, alle sue esperienze di innovazione sociale e politica. Ora eccomi qui: educatrice, animatrice, all’occasione “zia” presso il Centro di Educazione Integrale Paola di Rosa (Ceipar), con bambini e adolescenti dai 4 ai 17 anni, assieme alle mie inseparabili compagne di progetto. Questi primi dieci mesi sono volati, in un turbine di volti, voci e paesaggi. È stato lavoro, è stato viaggi, è stato Servizio: i bambini, il gioco, i compiti. I senzatetto e la distribuzione dei pasti, le processioni pasquali e i centri estivi. I clacson e la musica. Il fango dell’Amazzonia, la sabbia della costa, Quito coloratissima ed inquinata, le cime verdissime che la circondano, le Ande.Qual è il progetto o l’attività realizzata quest’anno di cui andate più fiere? S: A volte è semplicemente la relazione con un determinato bambino, una chiacchierata e una pambamesa (una tradizione per cui tutti portano un po’ di cibo e lo mangiano tutti insieme, a volte mischiandolo), una lezione andata particolarmente bene, condividere momenti emozionanti e toccanti con tutta la scuola, quando capisci che qualcosa di importante sta succedendo. Ad ogni modo un’iniziativa di cui sono fiera è stata quella di andare a casa di alcuni bimbi durante l’estate, per aiutare a colmare alcune lacune scolastiche, condividere una colazione, giocare con il loro cane, fare riscaldamento muscolare sotto il sole cocente e conoscerli nella loro piccola, e spesso difficile realtà. M: Le piccole e grandi soddisfazioni non mancano, ma probabilmente quest’anno il nostro impegno maggiore è stato quello di far dialogare il Ceipar col suo territorio, con le belle energie che questo sa esprimere. Abbiamo puntato molto sulle uscite educative in città, abbiamo aiutato a stringere collaborazioni con realtà locali, perchè il punto è questo: lasciare qualcosa che rimanga oltre il nostro passaggio. Abbiamo quindi lanciato una raccolta fondi per finanziare le spese del Ceipar, in particolare quelle relative al materiale scolastico, ai pasti e alcuni interventi di manutenzione straordinaria del Centro, in seguito ai danni provocati dalle abbondanti piogge dello scorso inverno. Ci siamo fissate l’obiettivo di 2.100 euro, ma dopo i primi giorni in cui sono fioccate le donazioni di amici e parenti, ci siamo arenate attorno al 70% del nostro target. Chiunque abbia voglia di aiutarci in questo importante e ambizioso progetto, può trovare tutte le informazioni al link https://www.leetchi.com/c/solidaridad-de-ceipar-ecuador . Per donare c’è tempo fino al 15 settembre! Consigli per chi vorrebbe fare la stessa esperienza post laurea? S: Lanciatevi, viaggiate, conoscete, è il modo migliore per imparare di tutto e di più! Siamo fortunatissimi a poter vivere esperienze del genere, io non posso che invitarvi a vivere il mondo, ad approfittare delle preziose opportunità di esperienze all’estero, come  partecipare a Interscambi Europei, fare il Servizio Volontariato Europeo o il Servizio Civile. Sono tutte cose promosse da varie ONG o su cui potete informarvi nei Centri Giovani o attraverso internet. Di certo consiglio di farlo solo se si pondera bene la cosa, se si è pronti e recettivi per poter vivere pienamente l’esperienza. M: Buttatevi, buttatevi e ancora buttatevi! In pratica: tenete sotto monitoraggio l’uscita dei bandi, sia sul sito ufficiale del servizio Civile sia sulle pagine delle varie ONG. Se non siete ancora convinti, potrete fugare ogni dubbio leggendo le testimonianze delle nostre compagne e compagni che hanno vissuto quest’esperienza incredibile negli anni passati! Li potete trovare sui siti delle diverse ONG invianti o sul sito di Antenne di Pace, ma anche digitando semplicemente “Servizio Civile all’Estero” su Youtube. Progetti per il futuro? S: Vivere appieno quest’ultimo periodo in Ecuador, tornare a casa per riabbracciare tutti i cari e rifocillarmi di formaggi, pizze, tramezzini, spritz e poi ripartire, viaggiare ancora un po’ per il Sud America. In seguito credo tornerò a Barcellona, città che mi è rimasta nel cuore e in cui vorrei cercare lavoro nell’ambito educativo. In tutto ciò, porterò con me quest’anno di Sevizio Civile, gli insegnamenti dei bimbi, della terra, dei mashi, dei volontari, delle nuove amicizie, di tutto quello che racchiude un’esperienza indimenticabile. M: Innanzitutto mi aspetta a novembre l’Esame di Stato per abilitarmi alla professione di Assistente Sociale. Intendo inoltre continuare a coltivare l’insegnamento dell’italiano a stranieri e la promozione dell’incontro tra culture, tanto come passione personale quanto come dovere imprescindibile del nostro tempo. Nel prossimo futuro mi piace ripensarmi a Venezia, una città che in pochi anni ha saputo farmi sua e dove mi è venuto spontaneo gettare “solide radici di ninfea”…insomma pronta a partire e tornare a più riprese! Con l’America del Sud mi piace pensare di mantenere un rapporto di scambio e conoscenza, certamente attraverso le letture e le amicizie nate in questi mesi. Infine, spero di non dimenticarmi mai del privilegio che ho avuto di viaggiare e vivere per un anno in un altro continente, spero di conservarne sempre la gioia e la responsabilità di raccontarlo agli altri.

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