“Baco da seta da mangiare? No grazie, noi pensiamo che la soluzione più idonea e redditizia sia di allevarlo per produrre il bozzolo, casomai successivamente, utilizzare la crisalide interna con caratteristiche nutrizionali superiori al bruco vivo”. E’ quanto ha sostenuto Fernando Pellizzari, presidente dell’Associazione Italiana Gelsibachicoltori (AIG) che da qualche anno sta promuovendo il ritorno alla bachicoltura a livello nazionale. Dal primo gennaio 2018 si applicherà il nuovo regolamento Ue sui “novel food” che permetterà di riconoscere gli insetti interi sia come nuovi alimenti che come prodotti tradizionali da paesi terzi, aprendo di fatto alla loro produzione e vendita anche in Italia. “Con queste nuove tendenze alimentari, ha spiegato Pellizzari, non vorrei fosse vano lo sforzo fino ad ora compiuto per il rilancio concreto della filiera che a tutti gli effetti è una realtà. I produttori hanno già molta difficoltà ad allevare i pregiati bruchi per farli filare, figuriamoci se poi vengono usati per far farina o preparare piatti sfiziosi”. Dal giorno della sua costituzione l’AIG ha organizzato molti corsi di formazione per avvicinare gli agricoltori a questa attività, sono stati proprio i giovani i primi a rispondere con entusiasmo tanto da raggiungere la sede trevigiana da ogni parte della Penisola. Di conseguenza anche l’Aia, che raggruppa tutti gli imprenditori zootecnici ha dedicato una sezione ad hoc per chi intraprende questo mestiere. “La figura dell’allevatore di bachi non era più contemplata – ha detto Pellizzari – come anche i contributi al settore nel tempo sono stati annullati, ma grazie ad un rinnovato interesse abbiamo gettato le basi per una partenza che seppur in salita sta dando i suoi frutti”.
Anche se l’industria serica è tuttora in mano alla Cina, è importante però evidenziare che nella nazione si riscontrano segnali di difficoltà di produzione e di qualità della seta a causa del clima e dell’alto livello di inquinamento a cui è soggetta. “In questo contesto il nostro Paese riveste un ruolo di particolare importanza perché è l’unico a poter ricostruire tutti i passaggi per ottenere un filo completamente “Made in Italy” come molti brand dell’alta moda europea richiedono. Questa è una scommessa su cui stiamo investendo moltissimo – ha proseguito Pellizzari – dalla nostra parte abbiamo una rete di aziende serico-tessili pronte ad aprire una nuova filanda dopo circa 40 anni dalla chiusura dell’ultima.Al nostro fianco anche Coldiretti per l’assistenza politico sindacale di cui il sistema ha bisogno compreso l’incoraggiamento alla coltivazione di gelsi ormai scomparsi, le cui foglie rappresentano ancora il nutrimento principale dei “cavalieri”. Non c’è un atteggiamento nostalgico in tutto questo percorso imprenditoriale – qusta è la conclusione di Pellizzari – solo una grande volontà di occupare uno spazio che appartiene alla storia del Nord Est, ma trasferibile in tutto il territorio nazionale e riportare finalmente a casa quel patrimonio culturale ed economico che nessuno è in grado di copiare bene, neanche i cinesi”.

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