I lavoratori portuali del settore crociere hanno lanciato in queste ore una campagna social con migliaia di condivisioni per far sentire la propria voce contro la scelta defibita in in una noya scellerata di non far ripartire la crocieristica anche a Venezia. Con questa mancata ripresa si rischia non solo di compromettere oltre 5000 posti di lavoro (tra diretti e indiretti) ma peggio ancora si rischia di perdere definitivamente quella secolare tradizione marinara che la città può vantare. Quattro gli hashtag coniati: #iononfesteggio se #iononlavoro, #ripartiresubito, #soluzionisubito.
I primi due sono una risposta alla “scellerata” scelta dei comitati del ‘no’ di festeggiare la mancata ripartenza della crocieristica a Venezia che avrebbe ridato speranza a quelle migliaia di lavoratori che da mesi, prima a causa dell’acqua alta straordinaria di novembre e poi a causa della pandemia sono a casa, senza alcuna tutela o con ammortizzatori sociali in via d’esaurimento. Il porto, sia quello crocieristico che quello commerciale, fa parte del tessuto economico della città e dell’intera regione. Il porto è oggi la principale industria del territorio e metterlo a rischio per l’ignavia di non voler decidere sul futuro della crocieristica a Venezia può costare caro. Ignavia che non hanno dimostrato le altre città portuali che si preparano in questi giorni ad accogliere, in piena sicurezza, la ripartenza delle crociere dando così nuovamente un futuro certo ai lavoratori e alle strutture commerciali delle città e a tutto l’indotto collegato. #ripartiresubito #soluzionisubito sono invece gli hashtag che riassumono il dissenso e la preoccupazione qualora non vengano trovate subito soluzioni alternative per ovviare il passaggio davanti a S. Marco. Ancora in questi giorni si è dovuto leggere sui giornali proclami della politica sulla necessità di paragonare le opzioni sul tavolo – sono 8 anni che si fanno paragoni e non si decide – o ancora promesse su cui i lavoratori oggi non possono più fare affidamento. È ora di decidere, nel rispetto della città e dell’ambiente ma anche del lavoro perché Venezia è una città che ha saputo mutare profondamente nei secoli ma non ha mai lasciato indietro nessuno. Il turismo di massa va certamente regolamentato, la città deve crescere nel rispetto dell’ambiente e della sostenibilità, serve che la città diventi attrattiva per nuovi modelli di turismo sostenibile ma è ora che l’opinione pubblica e le istituzioni comprendano che Venezia non può e non deve diventare oggi una città respingente. Oggi l’immagine della nostra città è così deteriorata che le compagnie hanno preferito scalare altri porti, sappiamo che molti stanno lavorando per poter far tornare le crociere in città, e oggi i lavoratori del porto vogliono dare il loro contributo per restituire alla città un’immagine diversa inclusiva ed accogliente. Si era altresì paventata – e” detto in una nota – l’ipotesi di un corteo acqueo pacifico in data odierna, ma al fine di non alimentare la tensione con i comitati del ‘no’ e sentita la Questura, i lavoratori hanno preferito rimandare la loro legittima voglia di manifestare il dissenso verso l’immobilismo decisionale della politica e l’assenza di prospettive certe per l’industria crocieristica. Un fiume spontaneo di adesioni in un solo giorno, una voglia, sopita per troppo tempo, di farsi sentire in tanti, responsabilmente e senza nessuna volontà di ‘manifestare contro ma in difesa del lavoro e della dignità. In poche ore, grazie ad un serrato e accorato tam tam, i lavoratori sono diventati tantissimi, un’altra faccia della città, quella della comunità portuale che, sempre rispettosa delle regole, sa esprimersi anche in forme organizzate meno convenzionali, a difesa del proprio lavoro e della propria dignità. Nei prossimi giorni verrà chiesto un incontro con il Prefetto ed il Questore per chiarire la situazione non più sostenibile di migliaia di lavoratori e centinaia di imprese, messi alla fame non dal Covid, bensì dalla volontà di uccidere il porto, le crociere e la storia di Venezia: si stanno già preparando le prossime azioni che saranno, grazie alla partecipazione di moltissimi, non più arrestabili. Come già è stato ribadito in occasione dell’ultima conferenza stampa in Marittima, i lavoratori non chiedono sussidi ma chiedono di poter tornare a svolgere il loro lavoro che è l’unico modo in cui si potranno riprendere la loro dignità di lavoratori. (Ph arch.)

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