La tragedia della diga del Vajont è accaduta il 9 ottobre 1963, con un bilancio di 2 mila morti e paesi del bellunese e del Friuli distrutti, da Longarone, a Erto, Casso.  In quella notte la morfologia delle valli del Vajont e del Piave venne sconvolta a causa di una grande massa d’acqua tracimata dalla diga dell’Enel (ex Sade) del monte Toc: i danni materiali sono stati incalcolabili. Di Longarone restarano solo poche case; Erto venne graziato ma furono andate distrutte gran parte delle sue frazioni. Ma oltre alle vittime e alla distruzione territoriale la popolazione superstite subisce le conseguenze di indelebili danni morali, che sono quelli che hanno fatto soffrire e continuano a far soffrire persone singole e comunità. Cerimonie a Longarone e negli altri comuni per ricordare le vittime, in particolare nel cimitero di Fortogna. Va detto che occorre ancora alzare un velo sulle tante, troppe irresponsabilità, leggerezze e trascuratezze cui la giustizia non è riuscita a dare una risposta mai veramente completa e soprattutto capace di chiudere una ferita anche ancora grida sangue e rabbia. A nome dei Veneti ha fatto una dichiarazione il Presidente della Regione: “se si celebra, ancora oggi, questo drammatico anniversario è perché, ancora l’emergenza idrogeologica è una incombente realtà che, complici i cambiamenti climatici, siamo costretti ogni giorno a fronteggiare, salvo poi trovarsi il giorno dopo a pronunciare frasi di circostanza, ad asciugare lacrime, a promettere interventi che l’ufficio complicazione affari semplici e la drammatica carenza di denaro pubblico rendono impossibili o così dilatati nel tempo da apparire spesso inutili”. “In questo quadro – ha aggiunto il Presidente della Regione –  vorrei orgogliosamente dire che il Veneto non soltanto ha presente le esigenze del territorio ma si è mosso e si sta muovendo con una rapidità e una capacità che poche altre regioni credo possano vantare. Non sono parole, ma fatti. I fatti sono 925 cantieri aperti (molti già finiti) per oltre 600 milioni già impegnati in tutto il Veneto a partire dal 2010, data della Grande Alluvione, data che segna lo spartiacque fra il non intervento e una nuova cultura del territorio e della prevenzione. I fatti sono 3 miliardi di un piano di interventi di prevenzione complessiva di tutto il Veneto, che ho voluto far redigere dai migliori tecnici regionali e universitari sotto la guida di quella autorità scientifica in materia che è il professor D’Alpaos!. “I 925 cantieri sono una realtà – ha proseguito –  mentre la realizzazione del piano D’Alpaos ha bisogno di una iniezione finanziaria per il quale le risorse della Regione non sono sufficienti. Tuttavia, il Piano è pronto, concreto e immediatamente cantierabile e noi veneti abbiamo dimostrato di sapere utilizzare le risorse che ci vengono affidate con virtù e oculatezza. Lo dico da veneto e da amministratore dei veneti – ha concluso  il Governatore –  forse è il caso che tutti compiamo una riflessione e riflettiamo sull’occasione che si presenterà il 22 per riequilibrare il rapporto malato che Venezia, il Veneto e Belluno hanno con lo Stato. Anche i bellunesi hanno voluto prendere parte attiva alla sfida dell’autonomia. Una sfida che significa riappropriarsi delle proprie risorse per spenderle bene:  per un futuro che non vogliamo più delegare a nessuno. E per finirla di asciugare lacrime e fronteggiare disastri”.

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