Il 13 giugno di ogni anno si celebra la festa di S.Antonio le cui spoglie sono custodite nella basilica pontificia di Padova. Ma chi era Antonio?
Fernando di Martino de’ Buglioni nacque a Lisbona il 15 agosto 1195, primogenito di una famiglia nobile. Sua madre si chiamava Maria Tarasia Taveira e suo padre Martino Alfonso, cavaliere del re e, secondo alcuni, discendente di Goffredo di Buglione. Poco si sa della sua infanzia.(anche la data di nascita è messa in dubbio) e le uniche notizie risalgono ad una biografia compilata da un frate anonimo nel 1232. Abbandonò presto la carriera militare intrapresa secondo le tradizioni dell’aristocrazia,
scegliendo la vita religiosa. Fu novizio a 15 anni presso gli agostiniani
iniziando gli studi di teologia e nel 1212 giunse a Coimbra, allora capitale
del Portogallo, dove nel 1219 venne ordinato sacerdote, dedicandosi alla
preghiera, allo studio e al ministero apostolico. Nel 1220 entrò nell’Ordine
dei frati minori mutando il nome in Antonio. Dotato di grande umiltà ma anche di grande sapienza e cultura, per le sue doti di predicatore viaggiò molto in Italia e in Francia. Inizialmente
soggiornò in Marocco; qui si ammalò e decise di tornare in patria. Ma una
tempesta fece naufragare la nave e approdò in Sicilia, dove sono conservate
numerose reliquie a lui attribuite e trovò accoglienza presso i francescani
a Messina. Nella primavera del 1221, dopo la convalescenza, frate Antonio
insieme ai confratelli cominciò a risalire l’Italia a piedi per raggiungere Assisi ed ebbe modo di ascoltare San Francesco. Stabilitosi in Romagna, a Forlì nel settembre del 1222 Antonio, giovane fraticello straniero e di salute cagionevole, rivelò la sua profonda cultura biblica e la salda dottrina teologica rivolgendo il discorso esortativo durante le ordinazioni sacerdotali, incarico che nessuno aveva voluto accettare, suscitando stupore e ammirazione presso l’intero uditorio. Dopo quell’esperienza iniziò per Antonio la nuova missione di predicatore e la sua fama di missionario francescano si diffuse, divenendo in breve tempo popolare e amato dalla gente. A Rimini ebbe luogo il suo primo miracolo. Gli eretici avevano proibito di ascoltarlo, tanto che nessuno prestava attenzione a quello che diceva e, non trovando a chi rivolgere la parola, Antonio andò in riva al mare e chiamò a raccolta i pesci, che affiorarono a migliaia per ascoltarlo. Molte persone si accorsero del prodigio e tutte gli chiesero perdono. Sempre a Rimini, nel 1223, si verificò il miracolo del mulo il quale, nonostante tre giorni di digiuno, trascurò la biada per inginocchiarsi davanti al Santissimo Sacramento. Sul finire del 1223 fu incaricato di insegnare teologia a Bologna e, nel 1224, fu inviato in Francia dove rimase per due anni, predicando in Guascogna, Linguadoca e Provenza. Narra la leggenda che, mentre Antonio predicava, ci fu l’apparizione di Francesco d’Assisi benedicente la folla; tale evento particolare creò un alone di soprannaturalità su Antonio. Si narra pure che, a Montpellier, Antonio ebbe il fenomeno della bilocazione poiché predicava contemporaneamente in due siti distanti della città. Rientrato in Italia, dopo aver predicato in vari luoghi quale Ministro Provinciale per l’Italia del Nord, scelse Padova come dimora. Qui fece un paio di soggiorni relativamente brevi: il primo, fra il 1229 e il 1230; il secondo, fra il 1230 e il 1231. Nella sua patria di elezione, frate Antonio non trascorse che appena un anno, sommando i due momenti della sua permanenza. A Padova trovò una ricca biblioteca e dei validi collaboratori
per la stesura dei Sermones, che vanno considerati come l’opera letteraria
di carattere religioso più notevole compilata in Padova durante l’epoca
medievale. Quest’opera dottrinaria di profonda teologia lo farà proclamare
Dottore della Chiesa da Pio XII nel 1946. La predicazione però non gli
lasciò il tempo di finire quest’opera. Una folla notevole lo seguiva e
riempiva le chiese e le piazze, tanto che a Padova Antonio era divenuto
estremamente famoso e ricercato.
Nel giugno 1231, pochi giorni prima della sua morte, soggiornò a
Camposampiero, invitato dal conte Tiso, da lui convertito, per un periodo di
meditazione e riposo. La tradizione narra che qui si ebbe la famosa predica
del Noce e la visione di Antonio con in braccio il Bambino Gesù nella
celletta dove si ritirava per la preghiera. Venerdì 13 giugno 1231, a 36
anni, si sentì mancare e, avendo compreso che non gli restava molto da
vivere, chiese di essere riportato a Padova dove desiderava morire. Papa
Gregorio IX, in considerazione della mole di miracoli attribuitagli, lo
canonizzò dopo solo un anno dalla morte. La popolarità del Santo continuò a
mantenersi e a crescere anche dopo la sua morte e chi gli manifestava la
propria devozione ne riceveva effetti miracolosi. Per l’afflusso di devoti
sulla tomba ed i miracoli che si registravano, si iniziò subito la
costruzione di una chiesa più capiente, l’attuale Basilica. Il gesto più caratteristico che i pellegrini compiono nella Basilica antoniana è di mettere la mano sulla tomba. Oltre ad esprimere il bisogno di un contatto concreto con il Santo, esso è un gesto di fiducia e di
affidamento. Nei tredici giorni che precedono l’anniversario del 13 giugno,
si celebra ogni anno la Tredicina in preparazione alla festa per il Santo.
Con lo stesso termine si intende anche una preghiera articolata in tredici
orazioni che ripercorrono gli aspetti più significativi della vita e della
santità di Antonio. E’ solitamente raffigurato con il Bambino in braccio, il giglio e il libro, simbolo della sua scienza e della sua dottrina. Al Santo ci si rivolge tuttora anche per ritrovare le cose smarrite, recitando in latino il “sequèri”, il responsorio in suo onore. Ancora oggi sono milioni le persone che visitano la sua tomba e la maggior parte di queste persone porta
nell’animo una profonda venerazione per il grande frate francescano, patrono
del Portogallo, del Brasile e della Custodia di Terra Santa, oltre che di
numerose città. (ODM).

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