Padova svetta in Veneto per numero di imprenditrici (37.657, il 20% del totale) e di imprese a prevalente conduzione femminile (17.673, una su cinque). Ma la partecipazione delle donne al mondo del lavoro è ancora lontana dal colmare il gap di genere. Nel 2016 poco più di 53 donne padovane su 100 (53,7%), fra i 15 e i 64 anni, lavoravano. Cinque punti sopra il tasso di attività femminile in Italia (48,1%), ma sotto quello veneto (55,2%) e a distanza dall’Ue a 28 (oltre il 60% la media). Molto c’è ancora da fare per colmare il divario con il tasso di attività maschile, oggi al 72,9% a Padova. Ma il recupero è in corso e non si limita ai lavori a tradizionale vocazione femminile, ma invade la fascia alta delle professioni: funzionarie di banca e analiste, scrittrici e giornaliste, specialiste delle risorse umane, del marketing e del digitale, blogger, web strategist, scienziate della vita, ricercatrici. Incrementare la partecipazione femminile all’economia e liberarne il capitale umano è dunque non solo possibile, ma necessario se il Paese vuole ripartire. A cominciare da occupazione, salari, carriera. Ma anche da consapevolezza, investimento nella formazione, merito, come dimostrano le storie di donne padovane che si sono affermate nelle professioni innovative. Storie femminili che saranno protagoniste dell’evento “Talenti in rosa… digitale e non!”, promosso da Giovani Imprenditori di Confindustria Padova e AIDDA (Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda), che si terrà il 15 marzo, (h 10.00), all’Istituto Superiore “Rolando da Piazzola” di Piazzola sul Brenta (Padova), nell’ambito della Settimana del Rosadigitale dedicata in tutta Italia a ridurre il divario di genere nelle professioni innovative e digitali. I lavori saranno aperti da Anna Viel, presidente Giovani Imprenditori di Confindustria Padova, Marzia Banci consigliere AIDDA e coordinatrice del Progetto scuola per Veneto e Trentino Alto Adige. Seguiranno le testimonianze di storie e percorsi professionali di Ilenia Nacci game designer, Lana Cuk visual designer e art director, Patrizia Bizzotto Ceo di Workup di Bassano (digital strategy agency), Ilaria Marigo (foto), biologa e ricercatrice allo IOV di Padova, Anna Rita Carollo commissario capo della Polizia Postale, Giulia Turra pr&marketing specialist di Start Cube, Marta Celio filosofa e poetessa, Susanna Dalla Favera, marketing manager Eumedica. “Nel 2016 le donne tra i 15 e i 64 anni erano a Padova 303 mila, di cui 163mila occupate, pari a un tasso di attività femminile del 53,7% – dichiara Anna Viel, presidente dei Giovani di Confindustria Padova -. Se fossimo però in linea con la media dei principali benchmark europei (Baden-Wurttemberg, Bayern) che è pari al 74%, conteremmo ben 61mila donne attive in più. Negli ultimi anni i tassi di attività si sono avvicinati a quelli maschili, ma la distanza è ancora ampia. Per colmarla occorre già partire dalla formazione e dall’orientamento delle ragazze nelle scuole, far crescere la cultura scientifica, azzerare tutti i pregiudizi su professioni maschili o femminili, lavorare sull’aspetto culturale e sulle politiche pubbliche. Servizi certamente, ma anche ridurre il cuneo fiscale sul lavoro femminile fino a raggiungere una sufficiente parità di genere sia nei tassi di partecipazione sia nelle prospettive di retribuzione e di carriera”. “Abbiamo raccolto storie femminili di tenacia, competenza e creatività – dichiara Marzia Banci, consigliere AIDDA – per lanciare un messaggio alle studentesse e agli studenti: essere sempre curiosi e trovare, ragazzi e genitori assieme, la libertà di coltivare e attingere ai talenti che ognuno ha in sé, con determinazione. Fare il lavoro che il tuo talento suggerisce, che ti piace, fa di te una persona realizzata. Sbagliare lavoro, vuol dire azzerare il talento che è in te. Da questo punto di vista, le nuove tecnologie e il digitale vanno usati sempre come uno strumento che può liberare il talento e la creatività e contribuire a ridurre la differenza di genere nel mondo del lavoro e delle professioni. Ilaria Marigo, ricercatrice: “alla scienza non importa se sei uomo o donna, alla scienza importano i risultati”. Ilaria Marigo, 44 anni, di Brugine (Pd), lavora nell’ambito dell’immunologia dei tumori dal 2002 ed oggi è ricercatrice presso l’Istituto Oncologico Veneto (Iov) di Padova. Tanto certa che i risultati scientifici non hanno genere, che vorrebbe abolire il femminile “ricercatrice” e sostituirlo con una parola neutra, all’inglese. Dagli studi di chimica, alla laurea in biologia a Padova, la sua è una storia di tenacia che l’ha portata alla specializzazione in immunologia, al dottorato, quindi tre anni nel Regno Unito all’Imperial College London e oggi a dividersi tra microscopio e ricerca di fondi allo IOV. “Per le donne – afferma Ilaria – la strada è sempre in salita, la vita privata più difficile, ma nella ricerca si lavora in équipe e nessuno ti dirà che una ricerca è più o meno buona perché fatta da donna o uomo. Nei risultati scientifici c’è la piena parità”. Giulia Turra, specialista di nuova impresa: “Le start up padovane nascono all’insegna della parità di genere, decisionale e di capitele. Lo sa bene Giulia Turra, 28 anni, di Legnaro, laurea in economia e gestione delle aziende a Venezia, oggi pr&marketing specialist per nuove imprese ad alto valore tecnologico sviluppate nell’incubatore dell’Ateneo di Padova Start Cube. “Il divario di genere – racconta Giulia – forse c’è nelle grandi aziende. Le start up nascono con soci alla pari, uomini e donne, tutti genitori dello stesso figlio che è la nuova impresa. E a proposito di genitori, in Start Cube vedo tante mamme, segno che impresa e maternità si possono conciliare, anche se c’è ancora prevalenza di soci maschi tra gli startupper: l’imprenditorialità femminile deve crescere». Dunque le start up non hanno genere? «Sono unisex, perché c’è bisogno di competenze trasversali, che diventano punto di forza quando messe assieme. Soprattutto, le nuove generazioni hanno capito che ogni business è digital business”. Patrizia Bizzotto, ingegnere e ceo. “Assumerei programmatrici, non si trovano”.
Fornitori di nuova generazione, digitali: qualità tecnica, alta competenza, personalizzazione del prodotto. Tre ingredienti che legano la sua Workup, azienda di strategie digitali di Bassano con fior di multinazionali tra i clienti, alla tradizione artigiana dell’officina paterna nel distretto della bicicletta di Rossano Veneto. Patrizia Bizzotto, 55 anni, si iscrive nel 1980 a ingegneria elettronica a Padova. “Solo cinque ragazze – ricorda Patrizia – e unica donna ingegnere nel mio primo lavoro, a Padova, in una joint Stet-Hewlett Packard”. Gira l’Italia e all’estero come project manager e nel ’92 il ritorno in Veneto. Si sposa e ha una figlia. “Nel ’95 la mia prima connessione internet. Mi sono detta: questo è il futuro e voglio farne parte». Crea nel ‘96, da socia di maggioranza, Artelnet, oggi Workup dove contano tanto i programmatori quanto gli umanisti. “Assumerei anche più donne, ne ho poche e bravissime. Ma non si trovano programmatrici”.

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