La chiamano la Regina, “Sa Reina”, nella lingua locale di Villamassargia nella Sardegna meridionale. È l’albero più antico de “s’Ortu Mannu”, un grande orto di 700 ulivi plurisecolari innestati tra il 1300 e il 1600. (foto Giovanni Pavone). Oggi sono di proprietà comunale e ognuno di essi è dato in concessione a una famiglia: le iniziali del capofamiglia sono incise sui tronchi. “Sa Reina” è un vero monumento della natura per imponenza, importanza storica, culturale e architettura vegetale. Se dalla Sardegna ci si spinge in Sicilia, a Ragusa, nel giardino del Castello di Donnafugata c’è il fico magnolioide. Salendo verso nord fino a Sterpo, un borgo di poche anime nel comune di Bertiolo in Friuli Venezia Giulia, cresce invece una delle querce più imponenti d’Italia, la farnia di Sterpo. Si trova lì, nel parco di Villa Colloredo Venier, già dagli inizi del Cinquecento. Monica Panetto per il Bo Live, il giornale web dell’ateneo di Padova, ha chiesto ad Angela Farina, dirigente del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di indicarci alcuni degli alberi monumentali presenti in Italia ne sceglie tre. In tutto nel nostro Paese sono 2734, stando all’elenco nazionale aggiornato lo scorso agosto, e cento di questi sono descritti nel volume dal titolo Alberi monumentali d’Italia (a cura di Angela Farina e Laura Canini, Rodorigo Editore) andato in stampa di recente in tiratura limitata. A sancire la tutela e la salvaguardia di questo importante patrimonio paesaggistico del nostro Paese è la legge 10/2013 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani) cui segue il decreto del 23 ottobre 2014. “La legge 10/2013 prevede la redazione di un elenco degli alberi monumentali d’Italia – spiega Farina che coordina a livello nazionale l’opera di catalogazione –, fornisce una definizione di albero monumentale (che non è solo il singolo individuo, ma anche filari, viali alberati e gruppi), detta i principi del censimento, rimanda al decreto attuativo la definizione dei criteri di monumentalità e prevede già una certa forma di tutela”. Sono previste ad esempio sanzioni che vanno dai 5.000 ai 100.000 euro in caso di abbattimento non autorizzato o danneggiamento di alberi monumentali. “La legge è strumentale all’applicazione dell’art. 136 e seguenti del decreto legislativo 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che tra i beni paesaggistici include dal 2008 anche gli alberi monumentali (D. Lgs. 63/2008)”. Entrambe le normative a livello statale non prevedono, tuttavia, forme di valorizzazione: a questo scopo intervengono le norme regionali preesistenti, emanate a partire dagli anni Settanta. Il primo aggiornamento dell’elenco nazionale degli alberi monumentali è stato approvato lo scorso agosto con 332 nuove iscrizioni sulla base degli elenchi pervenuti dalle regioni Lazio, Lombardia, Molise e Sardegna. “Ognuno di questi alberi conserva una propria storia – continua Farina –. Alcuni si distinguono per dimensioni e per età, altri per rarità botanica, o per l’elevato valore paesaggistico”. Altri ancora rivestono una rilevante importanza storica, culturale o religiosa in determinati contesti territoriali. “ L’albero monumentale può dirsi monumento, in quanto come i monumenti degli uomini è nel contempo archivio (botanico), testimonianza (di resilienza) e riserva (di biodiversità. In un articolo di qualche tempo fa dal titolo Alberi monumentali: beni culturali e ambientali da sostenere nel tempo e nello spazio un gruppo di studiosi coordinato da Dalila Russo dell’università della Tuscia sottolineava che l’albero monumentale, proprio come i monumenti degli uomini, “è nel contempo archivio (botanico), testimonianza (di resilienza) e riserva (di biodiversità). Riconoscere gli alberi monumentali come beni naturali (architetture viventi) significa riconoscere il patrimonio artistico naturale alla stregua del patrimonio artistico antropico”. I monumenti consentono agli uomini di collocarsi nel tempo e nello spazio, che si tratti di monumenti della natura o dell’uomo. Considerare gli alberi monumentali parte del patrimonio storico-culturale del nostro Paese significa riconoscere la loro presenza nella cultura e nelle tradizioni di una popolazione. E in un’epoca contrassegnata dalla perdita di valori comunitari, da una comunicazione effimera e da spazi vissuti spesso in modo veloce, l’albero monumentale “custode di memorie” può assumere un forte connotato identitario e restituire il senso di appartenenza ai luoghi. Valorizzare un albero può restituire significato a eventuali spazi in declino e favorire la biodiversità. “L’albero, soprattutto se senescente,  – osserva Angela Farina – può essere considerato un sistema dall’alto valore ecologico. Conserva al suo interno dei microhabitat che possono essere utili per la fauna e per la flora del contesto ambientale in cui è inserito e questo è un elemento che, se preservato, garantisce la biodiversità anche di altre specie e di altri organismi”. Si pensi alle cavità nei rami o nel tronco, agli scortecciamenti o alle tasche nella corteccia, alle fuoriuscite di linfa o di resina, al legno morto nella chioma, o alle fessure e gallerie scavate da insetti che possono rappresentare veri e propri habitat per diverse specie. La normativa introdotta nel 2013 costituisce, conclude nel suo testo Monica Panetto, un momento importante nel percorso di tutela e salvaguardia degli alberi monumentali in Italia che supera il precedente apparato normativo fatto di leggi e regolamenti spesso disomogenei tra loro.

 

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