I tunicati (somigliano a microscopici girini) popolano i mari da centinaia di milioni di anni, eppure molte persone non ne hanno mai sentito parlare. Devono il loro nome alla ‘tunica’ gelatinosa che ne riveste il corpo, sono animali che si nutrono filtrando l’acqua del mare da cui trattengono microscopici organismi e particelle organiche. Spesso questi animali sacciformi (foto) si trovano ancorati ad un substrato roccioso e passano inosservati, ma sono molto interessanti dal punto di vista ecologico ed evolutivo. Per questo i ricercatori dell’ateneo di Padova cercano di scoprire sempre di più riguardo questi strani organismi marini. Per il giornale Il Bo, Riccardo Trentin ha chiesto a Fabio Gasparini, dottore in biologia evoluzionistica e tecnico di ricerca dell’università di Padova, di fare il punto su questo gruppo di animali e dei recenti studi svolti dal gruppo di ricerca di cui fa parte. I tunicati, ha spiegato Gasparini, sono considerati il sister-group dei vertebrati, cioè i loro parenti più prossimi. Studiarli ci permette di capire come si sono evolute le diverse componenti che caratterizzano i vertebrati come i tessuti e gli organi. Le informazioni che otteniamo dal loro studio ci permettono di capire come approcciarsi a problemi peculiari dei vertebrati, come le limitate capacità rigenerative di noi mammiferi. I tunicati infatti, sono gli unici tra i cordati (il phylum che comprende tutti gli organismi che sviluppano la corda, che nei vertebrati diventa colonna vertebrale) a possedere la capacità di riprodursi per gemmazione, una modalità di riproduzione asessuata attraverso la quale da una piccola porzione dell’animale si origina, in alcuni casi rigenera completamente, un nuovo organismo geneticamente e morfologicamente identico al precedente. Gasparini ha poi precisato: l’organo coronale è presente in tutti i tunicati, ed è utilizzato per percepire le particelle che entrano nel faringe di questi animali. Le cellule di quest’organo sono dei recettori sensoriali meccanici e somigliano molto alle cellule capellute dei vertebrati, recettori che si trovano nell’orecchio interno e nell’organo della linea laterale dei pesci, dove mediano la percezione delle vibrazioni e del flusso di fluidi. La nostra linea di ricerca studia l’organo coronale e indaga su similarità e differenze tra le due tipologie cellulari per meglio comprendere la reale possibilità che esse siano omologhe, cioè che condividano la stessa origine embrionale. In primo luogo lo studio ha evidenziato che le cellule coronali dei tunicati e le cellule capellute dei vertebrati esprimono gli stessi geni coinvolti nel loro differenziamento. In secondo luogo abbiamo notato che le cellule coronali presentano complesse connessioni sinaptiche e neurotrasmettitori simili a quelli coinvolti nell’attività delle cellule capellute. Oltre a queste due osservazioni, si aggiunge il fatto che cellule coronali e capellute esprimono il gene Trpa che codifica per un canale di ioni. Gasparini, concludendo, ha sostenuto che “la nostra ipotesi è che l’antenato comune di vertebrati e tunicati possedesse i placodi, strutture embrionali da cui si differenziavano queste particolari cellule sensoriali, e che questa condizione si è mantenuta nelle due linee evolutive che hanno portato alle attuali specie di vertebrati e tunicati. Il nostro lavoro rappresenta un ulteriore tassello a livello cellulare e molecolare per capire il livello di omologia tra questi tipi cellulari, che una volta danneggiati nei mammiferi non si rigenerano causando sordità, mentre nei tunicati continuano a formarsi e rigenerarsi per tutto il ciclo vitale. I mari sono ricchi di specie che devono ancora essere classificate, si conoscono invece più di 3.000 specie di tunicati, ma non si sente quasi mai parlare di questi organismi. La loro storia evolutiva è rilevante e il loro studio potrebbe portare a nuove interessanti scoperte e la nostra università se ne occupa da diversi decenni”.

 

 

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