Mostra d’arte antica a palazzo Loredan di Venezia (Istituto veneto di scienze, lettere ed arti), dal 20 gennaio al 25 aprile, dal titolo “Prima dell’alfabeto. Viaggio in Mesopotamia alle origini della scrittura”. Sono 200 le opere della Collezione Ligabue esposte per la prima volta – tra cui tavolette e straordinari sigilli risalenti a oltre 5000 anni or sono – rievocano la grande civiltà dell’Antica Mesopotamia, un territorio oggi inaccessibile. In mostra, tra reperti e apparati multimediali, anche testimonianze delle esplorazioni di Paul Emile Botta e Austen Henry Layard nel XIX secolo, con prestiti dai musei archeologici di Venezia e Torino. Info: 041 2705616, info@fondazioneligabue.it. Nella sede della mostra verranno organizzati dei laboratori didattici sul tema Vivere in Mesopotamia rivolti a scuole primarie e secondarie di primo grado. Curatore della mostra è Frederick Mario Fales. Il Comitato Scientifico è composto da: Frederick Mario Fales, Ordinario Università di Udine; Roswitha Del Fabbro, sempre dell’ateneo friulano. La nascita della scrittura, avvenuta quasi contemporaneamente in Egitto e in Mesopotamia verso il 3200 a.C., segna uno dei capitoli più affascinanti e rivoluzionari della storia della civiltà, fondamentale per le dinamiche di trasmissione del sapere e per la conoscenza dell’antichità. La mostra, come detto, è promossa dalla Fondazione Giancarlo Ligabue presieduta da Inti Ligabue, curata dal prof. Frederick Mario Fales, uno tra i più noti assirologi e studiosi del Vicino Oriente Antico – ci conduce quasi 6000 anni or sono, nella Terra dei Due Fiumi, in un universo di segni, simboli, incisioni ma anche di immagini e racconti visivi che testimoniano la nascita e la diffusione travolgente della scrittura cuneiforme, rivelandoci nel contempo l’ambiente sociale, economico e religioso dell’Antica Mesopotamia. Bisogna ricordare che il cuneiforme è durato 3500 anni, mentre i segni alfabetici che si usano anche in questo comunicato, in fondo, ne hanno solo 2500. Culla di civiltà straordinarie, oggi martoriata e saccheggiata dalla guerra e dal terrorismo che hanno reso inaccessibile il suo patrimonio di bellezza e conoscenza, la terra di Sumeri, Accadi, Assiri e Babilonesi ci viene raccontata e svelata grazie all’esposizione – patrocinata dalla Regione del Veneto e dalla Città di Venezia, main sposor Ligabue SpA e Hausbrandt, con il contributo di DM Informatica, La Giara e Scattolon Renato – per la prima volta al pubblico, di quasi 200 preziose opere della Collezione Ligabue. Si tratta soprattutto di tavolette cuneiformi e di numerosi sigilli cilindrici o a stampo ma anche sculture, placchette, armi, bassorilievi, vasi e intarsi provenienti da quell’antico mondo. A questi oggetti si affiancano importanti prestiti del Museo archeologico di Venezia e del Museo di Antichità di Torino: dal primo, bellissimi frammenti di bassorilievi rinvenuti dallo scopritore della mitica Ninive, Austen Henry Layard, che nell’ultimo periodo della sua vita si era ritirato proprio a Venezia, a Palazzo Cappello Layard (donò i suoi oggetti alla città nel 1875); dal secondo un frammento di bassorilievo assiro fortemente iconico raffigurante il re Sargon II, scoperto nel 1842 da Paul Emile Botta – console di Francia a Mosul – e da lui donato al re Carlo Alberto. Una collezione di altri tempi, come ama sottolineare F. Mario Fales, quella messa insieme da Giancarlo Ligabue, imprenditore ma anche archeologo, paleontologo e grande esploratore scomparso nel gennaio 2015. Collezione straordinaria non solo per entità, qualità e per l’importanza storica di questi e altri materiali, ma in quanto testimonianza di un collezionismo slow, rispettoso dei luoghi che pure Giancarlo studiava e delle istituzioni, della ricerca e del sapere; un collezionismo appassionato, diretto a preservare la memoria e non a defraudare le culture con altri fini.

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