“Il Veneto perde un eccezionale cantore della sua gente e della sua terra. Ermanno Olmi ci ha lasciato proprio nell’anno conclusivo del centenario della Grande Guerra, abbandonando quei verdi prati dell’Altopiano di Asiago che aveva scelto come ‘buen retiro’ e come luogo e immagine-simbolo per siglare, con il suo “Torneranno i prati”, tutto il dolore e la disumanità della guerra e la speranza nell’avvento della pace”. Così il presidente del Veneto si stringe al dolore dei famigliari, degli amici e di quanti hanno conosciuto e amato Ermano Olmi (foto), il registra bergamasco scomparso a 86 anni nella ‘sua’ Asiago, che aveva eletto da decenni come ‘patria’. Il suo capolavoro resta ‘L’albero degli zoccoli’. La sua lunga carriera è stata segnata da titoli dolenti e toccanti come ‘Il mestiere delle armi’ e ‘Torneranno i prati’. Egli ha fatto capire, attraverso il cinema, l’Italia contadina. “Ho avuto la fortuna di incontrarlo più volte – ricorda Luca Zaia – era una persona di un carisma unico e di una grande forza morale, sempre coniugata con una grande serenità interiore e uno stile di signorile discrezione. E’ stato il poeta delle nostre terre, della civiltà contadina di cui era figlio autentico, un cantore del lavoro e dei valori forti delle persone semplici, immortalati nell’Albero degli Zoccoli. Il pensiero corre all’affresco in ‘bianco e nero’ dei suoi documentari sulla montagna dolomitica di fronte all’avventura dalla prima elettrificazione, al profondo rapporto tra uomo e natura cantato nei “Segreti del bosco vecchio”, alla drammatica spontaneità di lingua e di vita de “I recuperanti”, al lirismo con cui ci ha accompagnato, nei “Cento Chiodi”, lungo il magico corso del Po, simbolo stesso della vita, alla ‘pietas’ impastata di saggezza ed empatia con cui ha saputo rileggere ‘La leggenda del santo bevitore’”. “Olmi, con la sua cinepresa ha dato volto, voce e colore ai valori più profondi del popolo, a quella religiosità fatta di cose semplici e di esperienza quotidiana – prosegue il governatore del Veneto – lasciandoci in eredità emozioni, sentimenti e riflessioni di intatta e perenne freschezza”. “Lo voglio ricordare, infine, come un vero maestro del cinema e della vita – conclude il presidente – sempre attento e proteso verso i giovani. Quei giovani che ha coltivato come amici ed eredi della sua arte e della sua poetica, e ai quali ha continuato sin alla fine, con la scuola di cinema, ad affidare il suo credo nell’uomo, la capacità di leggere la profonda umanità delle piccole cose quotidiane, e lo sguardo attento al valore della storia e della memoria. Ai quali ha continuato a insegnare che fare cinema è mostrare quello che spesso è invisibile ai più”.

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