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Una galassia coordinata di connessioni istituzionali, una piattaforma open source per creare e scambiare schede d’archivio, un sito web per scoprire che cosa accadde nel mondo dell’arte questo stesso giorno… di molti anni fa: l’applicazione degli strumenti informatici nell’ambito delle scienze umane può avere risvolti inaspettati e rivelarsi l’anello di raccordo metodologico tra le Scienze, le Lettere e le Arti. Sono tra i risultati del Master in Digital Humanities, nato fra i primi in Italia nel 2015 su iniziativa del Dipartimento di Studi Umanistici in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, forma umanisti informatici per l’industria culturale. Un settore dinamico eppure dal potenziale in parte inespresso, con un tasso di crescita medio annuale in Europa dell’1,3% che produce il 17% del valore aggiunto italiano (dati a luglio 2016, Il Giornale delle Fondazioni). Quante volte è capitato di scoprire interessi comuni con persone di lunga conoscenza? E se una maggiore coscienza di questi legami portasse alla generazione di nuove collaborazioni in una comunità diffusa? Coordinated Galaxies of Culture ha coinvolto alcune istituzioni culturali di Venezia mappando le connessioni esistenti a vario livello tra di esse e rendendo poi la complessità di questi dati in un visual framework chiaro e interrogabile online: attraverso 200 label, Gabriella Traviglia e Ginevra Gioia hanno identificato e archiviato 220 progetti di 11 istituzioni veneziane, categorizzati secondo il Dewey Decimal Classification System, organizzandoli  in un’architettura informativa che visualizza ciò che accade nella comunità e porti a una call to action proattiva all’interno della ‘galassia’. Nel campo dei database relazionali, Regesta potrebbe rappresentare un’evoluzione tecnologica condivisibile e creata dalla stessa comunità di archivisti: in diplomatica e archivistica si intende per regesto una raccolta di documenti riassunti nelle loro parti essenziali quali le date, l’autore, il destinatario, l’azione dell’atto, le parti in causa, etc., dati che possono essere ordinati secondo svariate modalità e strumenti spesso obsoleti. Dopo uno stage presso l’Archivio Generale dell’Università di Padova, Amedeo Gheller ha creato una piattaforma gratuita e open source per l’interscambio e l’aggregazione delle informazioni d’archivio in modalità online. Con la supervisione dei docenti del Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica,  Irene Sarcinelli e Iuris Mocchiutti si sono occupati di cartografia storica, sviluppando un software che riducesse le distorsioni date dall’estrazione ed elaborazione di informazioni per georeferenziare  carte storiche dell’Archivio di Stato di Venezia. Focus sulle tecnologie di realtà virtuale in collaborazione con un’altra istituzione veneziana: in occasione del bicentenario delle Gallerie dell’Accademia, Romina Giolo e Anna Zoccarato hanno contribuito alla creazione di un tour virtuale della prima sala allestita nel 1817,  una ricostruzione 3D degli spazi originali con possibilità di una visita virtuale e di interrogazione dei dipinti. Sempre in campo artistico, What’s Happened è invece un progetto già online, fruibile al pubblico attraverso il sito internet e una pagina Facebook: il sottotitolo “today but not today” vuole portare l’attenzione ai fatti occorsi nel mondo dell’arte quello stesso giorno nel passato, una sorta di avventura storica attraverso le opere d’arte, ma anche un esperimento pratico di come costruire un sito web dalla visual identity, ai contenuti, al CMS e strumenti di tracciabilità e diffusione.“Si può fondamentalmente considerare un’opera d’arte in due modi diversi: o come un dato assoluto, oppure in un’ottica relativa. Lo sguardo trasognato e invaghito dell’amante, o quello sconcertato e attonito del neofita, si pongono in attitudine passiva, adorante ed estatica, assoggettati all’aura emanata dalla tela di Raffaello o dal marmo di Michelangelo. Ma ovviamente esiste da tempo un altro modo di porsi, razionale e profano: è l’antico metodo della filologia alessandrina, che esamina il testo al suo interno sotto ogni aspetto tecnico ma anche in rapporto agli altri testi. L’esperienza maturata nel corso dei secoli appare indispensabile, e oggi più che mai trasferibile.” Con queste parole Paolo Mastandrea, docente ordinario di latino a Ca’ Foscari e attuale direttore  del Master in Digital Humanities, introduce le finalità di un corso ormai imprescindibile dall’offerta formativa cafoscarina, giunto alla sua terza edizione: è ancora possibile candidarsi all’a.a. 2017/2018 partecipando al bando in scadenza l’8 novembre 2017 (Link: http://www.unive.it/pag/11344/). Collocandosi al crocevia dei più diversi scambi tematici, mossa da utilità elementari, l’informatica per le discipline umanistiche è “chiamata umilmente a ricomporre i legami persi per troppo tempo fra i vari mondi del sapere e i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti, a partire dalla rete web” continua il professor Mastandrea: “Occorre partecipare  in maniera consapevole a quanto gira attorno a noi, e in una fase di avvicendamento dei supporti di trasmissione della cultura come quella in atto da pochi decenni, è nostro preciso compito provvedere a trasmettere alle future generazioni i beni ereditati dal nostro passato, facendo in modo che se ne perda il minimo – per quantità e soprattutto per qualità.” Questo l’obiettivo comune ai 16 partecipanti che hanno preso parte alla seconda edizione del Master, studenti o professionisti tra i 25 e i 54 anni di età con profili diversi che ben rispecchiano l’eterogeneità di questa formazione tecnica e professionalizzante: digital library, etnografia, antropologia, conservazione del patrimonio culturale, archeologia digitale, archivistica, museologia, comunicazione digitale, scienze dell’antichità, filologia e letteratura italiana, scenografia, design. I risultati di ricerca della passata edizione sono stati  presentati il 3 novembre in Palazzo Malcanton Marcorà, introdotti da una keynote lecture sulla linguistica computazionale di Monica Monachini, ricercatrice presso il CNR-ILC di Pisa e responsabile CLARIN-IT. “I software di analisi devono permettere una elaborazione automatica affidabile dei testi da trattare in ambito umanistico, che possono essere spesso eterogenei per genere, per periodo storico, per tipologia e nuovi tipi di analisi testuale”, ha spiegato Monachini: l’esperienza di  CLARIN verrà portata come esempio per soluzioni tecnologiche volte a rendere le risorse e le tecnologie linguistiche visibili e disponibili attraverso una modalità unificata e standardizzata di accesso.

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