L’idea del cafoscarino Nicolò Santin è tanto semplice quanto geniale e si riassume nel titolo della sua tesi di laurea in Economia e gestione delle aziende: “Gamification e advergaming: il caso Ofree e la soluzione per far donare le persone senza mettere mano al portafoglio”. Ofree, la sua invenzione, è una piattaforma che permette alle persone di donare soldi per progetti specifici di enti non profit senza spendere, ma semplicemente giocando (responsabilmente) a videogiochi gratuiti. I giochi sono advergame, giochi brandizzati pagati dalle aziende che li utilizzano come pubblicità. Seppure nata da poco, l’idea ha già scalato alcune classifiche del settore: prima classificata al Milano Startup Weekend, a Startuppato Torino 2018, a Lean in EU Business Angel Verona (a dicembre appuntamento con le finali internazionali). È per ora in finale a Startcup Veneto e a DigithON. Federica Scotellaro per il magazinenews dell’ateneo ha chiesto a Santin funziona esattamente Ofree? (nella foto di CF). “È molto semplice. Le aziende, per poter caricare il loro videogioco, devono versare un determinato ammontare di denaro, che corrisponde a un tradizionale investimento pubblicitario. Questi soldi vengono convertiti in gettoni virtuali e a ogni partita gli utenti possono ricevere uno o più gettoni. Successivamente gli utenti possono decidere i progetti sociali a cui destinare i gettoni raccolti. Prima di arrivare ai vari enti non profit, i vari gettoni sono riconvertiti in denaro. La piattaforma è win-win-win: le persone possono divertirsi giocando ad una piattaforma di videogiochi gratuita e soprattutto possono donare senza spendere un centesimo; le aziende possono promuovere il brand e, al tempo stesso, fare un’attività di Corporate Social Responsibility; gli enti non profit possono sensibilizzare le persone ad una causa sociale e soprattutto raccogliere fondi senza alcun costo. Sono partito da solo con un’idea. Ora siamo un team di 5 persone (due full time, tra cui Matteo Albrizio che si è dimesso da lavoro per dedicarsi ad Ofree, e tre part-time)”. La piattaforma è già operativa? “Sì, abbiamo lanciato la beta test da poche settimane. Questa beta test ci serve per validare l’idea e soprattutto raccogliere feedback da parte degli utenti. Visti i risultati davvero oltre le aspettative abbiamo già iniziato a lavorare all’applicazione vera e propria. Giusto per dare qualche numero: dopo un mese siamo a oltre 2.600 giocatori da più di 20 paesi del mondo (oltre all’Italia abbiamo avuto molti giocatori da UK, Germania, Messico, Perù e USA). Ci eravamo imposti come obiettivo di donare 10.000 monete e, attualmente, siamo a 65.000!
Ci tengo a menzionare le 4 aziende che hanno deciso di prendere parte a questo test: H-Farm, Maikii (il fondatore di Maikii, Matteo Fabbrini, è stato eletto Alumno dell’anno a Ca’ Foscari), Galloway Treviso e Pietro Fiorentini. Il loro gesto ha dimostrato il loro interesse verso la società e soprattutto la loro lungimiranza nelle scelte strategiche di comunicazione. L’idea mi è nata quando ho letto che il cantante PSY aveva guadagnato decine di milioni di dollari da Google per gli indotti pubblicitari che il suo video Gangnam Style aveva generato su YouTube. Nel periodo in cui è uscita la canzone stavo preparando l’esame di marketing avanzato all’università ed ero particolarmente interessato alle forme di marketing non convenzionale. Tra queste vi è anche l’utilizzo del gaming a fini promozionali, e in particolare gli advergame. Per di più, la mia tesi di laurea triennale era stata il fundraising, e quindi avevo affrontato da vicino il tema del non profit e le difficoltà che questi enti hanno a raccogliere fondi. Unendo i vari punti è nato Ofree, che inizialmente si chiamava Progetto Robin Hood. Dato che il messaggio “rubare ai ricchi (le aziende) per dare ai poveri (gli enti non profit)” non metteva proprio in bella luce i brand, ho iniziato a pensare ad un nuovo nome ed è nato Ofree. Il termine deriva dall’unione di offer (donare) e free (gratuitamente). La mission di Ofree è – infatti – quella di permettere alle persone di donare senza mettere mano al portafoglio”. Qual è stato il ruolo di Ca’ Foscari? “Innanzitutto mi ha permesso di entrare in contatto con dei professori davvero molto competenti, a cui mi sono rivolto durante gli orari di ricevimento per chiedere dei consigli. In particolare, ci tengo a ringraziare i professori Fabrizio Gerli, Vladi Finotto e Chiara Mio, oltre che chiaramente al mio relatore Umberto Rosin. Inoltre, ho cercato di vedere la tesi di laurea magistrale non tanto come un obbligo per laurearmi ma come un’opportunità per studiare la validità e la fattibilità della mia idea, e in questo il professore Rosin è stato davvero d’aiuto. Il risultato finale è stato una tesi di 700 pagine, con 2300 questionari e 40 interviste, raccolti anche con la mia ‘squadra’ di cuginetti nelle spiagge di Jesolo e Caorle, offrendo sorrisi in cambio di risposte”.

Federica Scotellaro

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