Gli ambienti costieri sono i più esposti agli effetti dei cambiamenti climatici e alle pressioni antropiche. In risposta alle variazioni ambientali e alle forzanti antropiche questi ambienti evolvono in modo talvolta irreversibile con conseguenze importanti dal punto di vista morfologico, ecologico, sociale ed economico. Ne è esempio il caso della laguna di Venezia, come ricordato sul Bo live, il giornale web dell’ateneo di Padova, Andrea D’Alpaos. Già dall’XI secolo l’uomo è intervenuto nell’evoluzione della laguna, prima con interventi locali poi con interventi più importanti come la diversione dei fiumi all’esterno della laguna, la costruzione dei moli alle bocche per facilitare la navigabilità e lo scavo dei grandi canali navigabili, come il canale Malamocco-Marghera, realizzato tra il 1964 e il 1968. D’Alpaos ha indicato uno studio condotto dal dipartimento di Geoscienze, in collaborazione con il dipartimento di Ingegneria civile edile ed ambientale, che ha confrontato le caratteristiche idrodinamiche e di moto ondoso di diverse configurazioni della laguna a partire dal 1611, passando per il 1810. Risultato? Le componenti morfologiche principali del paesaggio lagunare sono radicalmente modificate. Le aree di barena sono passate dai 270 chilometri quadrati nel 1600 ai 43 chilometri quadrati di oggi e i bassi fondali si sono approfonditi notevolmente, passando da una profondità media delle zone non canalizzate di circa mezzo metro alle profondità attuali che si aggirano intorno al metro e mezzo di profondità. Le variazioni morfologiche hanno comportato poi variazioni importanti del campo di moto ondoso che a loro volta hanno influito sull’evoluzione morfologica: a partire dal 1932, ma soprattutto a partire dal 1970, si è assistito a un notevole incremento dell’altezza di moto ondoso con effetti sulla erosione dei bassi fondali e sull’aumento della potenza delle onde da vento che incidono i margini barenali provocandone l’erosione laterale. (foto Bo live/UniPd).

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