Il progetto dei ragazzi in t-shirt rossa (nella foto) che raccontano l’arte contemporanea nelle più importanti istituzioni culturali veneziane  ha coinvolto, dal 2009 ad oggi, oltre 1200 studenti; è il primo e unico progetto in Italia gestito da un’Università. I mediatori hanno affiancato i visitatori nella sede espositiva di Ca’ Foscari, ma anche in Biennale, a Palazzo Grassi, Querini Stampalia, Civici Musei Veneziani, Casa dei Tre Oci,  Gallerie d’Italia di Palazzo Leoni Montanari (Vicenza). Ora sono a Punta della Dogana, Palazzo Franchetti e, tra poco, anche al nuovo Fondaco dei Tedeschi. Non ‘guida’ alla mostra, non illustra il percorso, ma risponde alle domande dei suoi interlocutori. In questo modo rende noto che l’opera d’arte può essere interrogata e che, se interrogata, risponde: tanto più intelligentemente quanto più puntuale è la domanda. Il progetto è  diretto dal prof. Giuseppe Barbieri, coordinato dalla dott.ssa Angela Bianco e gestito dal Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali, che seleziona più volte l’anno nuovi mediatori, per la maggior parte studenti di Ca’ Foscari e IUAV, ma provenienti anche da altri Atenei. Il contatto tra mediatore e pubblico può riguardare una sola opera, un unico artista o coinvolgere l’intera tematica della mostra. Molti fruitori chiedono delucidazioni sulle istituzioni, sui restauri,  sull’organico, sulla programmazione. Anche da un punto di vista spaziale non esistono vincoli. Tutto è creato ad hoc per la persona che si ha davanti nel momento stesso in cui avviene l’avvicinamento. Il visitatore sarà quindi stimolato ad assumere un atteggiamento di fruizione attiva e non di consumo passivo delle opere che sta osservando, in un rapporto di reciprocità con il mediatore culturale che, a sua volta, al mutare delle domande percepirà nuovi elementi dell’opera di cui risponde. “I mediatori, come si legge sulla maglietta che indossano, camminano, ascoltano, dialogano con i visitatori, rispondono alle loro domande; si muovono a coppie, per imparare a lavorare in team; sono una sorta di interfaccia umana tra l’opera e il pubblico – ha spiegato il prof. Giuseppe Barbieri. –  I mediatori dimostrano che può esistere un rapporto autenticamente interattivo, e non di consumo passivo, tra i visitatori e le opere esposte in una mostra o in un museo, e in questo senso si inseriscono in una storia millenaria, quella della fruizione dell’opera d’arte. I mediatori sono inoltre misuratori quotidiani di feedback: vedono da vicino gli atteggiamenti degli spettatori, capiscono anche meglio del curatore di una mostra cosa funziona e cosa no in un percorso espositivo, quello che si capisce e ciò che sfugge in un display. Negli anni i mediatori hanno fatto video-recensioni, elaborato contenuti multimediali, arricchito i siti delle istituzioni, messo in gioco le loro competenze linguistiche, la loro capacità relazionale con classi di età molto diverse, dai bambini agli anziani”. Alla luce di tutte queste azioni il risultato che si trae si concentra in una sola parola: successo.

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