Il De Chirico nascosto per un secolo sotto un altro quadro “Et quid amabo nisi quod enigma est” (photo the Boga Fondation, Tradate). La storia di questa scoperta nasce da un atto di amore, gli attori di questa incredibile narrazione sono un Collezionista svizzero, sua moglie, la sua famiglia, una restauratrice e un professore. Il collezionista è un imprenditore nato agli inizi del novecento con la passione per l’arte e la sua storia. Colleziona opere da anni, con incredibile fiuto per le nuove promesse artistiche che lo emozionano. Negli anni ’80, arricchisce la propria collezione con un dipinto acquistato in Francia, un olio su tela di medie dimensioni. Rimane affascinato dalla rappresentazione di un tramonto su una campagna di mulini, realizzato ad olio, con una tecnica di colori e luci simile a quella usata a fine ‘800. L’opera acquistata da “Antiquites Abella “di Antibes, apparteneva alla collezione privata, della signora Marie Théresè Tremoulet – La Verpillière. L’acquirente è particolarmente affascinato da quella rappresentazione, con un cielo terso di nuvole e una luce mozzafiato. L’opera riporta una semplice firma in rosso in basso a sinistra : Coral. L’opera d’arte come regalo per il gesto di un’amore romantico dedicato alla moglie. Mai il collezionista si sarebbe immaginato i successivi risvolti. Il tempo passa inesorabile. Dagli anni ottanta arriviamo al 2017. Il collezionista è venuto a mancare. La sua famiglia decide di far restaurare il quadro di Coral. Una pulizia, un’ordinaria manutenzione per far tornare l’opera al suo iniziale splendore. La restauratrice Chiara Colombo, su mandato della famiglia inizia a lavorarci. Comincia a togliere la polvere accumulata, la vernice protettiva, analizza anche la tela che ha una strana e singolare tramatura, rada e sottile. In un piccolo punto, in basso a destra del quadro, la restauratrice nota che in un minuscolo spazio vi è una mancanza di colore, una piccola lesione. Da qui ha inizio il salto temporale che apre uno squarcio nel passato. Pare emerga qualcosa sotto quella rappresentazione dei mulini. Non è la prima volta che un autore riutilizzi una propria tela, magari perché non è soddisfatto di un disegno preparatorio, o dell’inizio di un’altra opera. La restauratrice e la famiglia non sono convinti di questa ipotesi. Le sorprese iniziano a svelarsi fino ad arrivare, alla scoperta di un timbro sul retro della tela. Un timbro che riporta il numero “20”. Un numero che, abbinato alla scritta sottostante, conduce tutti a Parigi, alla fine dell’800. Dalla lesione emergono, si aggiunge in una nota, con sempre più chiarezza delle note musicali, che prendono consistenza grazie alla spettrometria ai raggi X. I tecnici guidati dal professore Luigi Soldoni effettuano gli esami sulla tela. Tutti si chiedono: quale sarà la strada da percorrere dopo quello che si vedrà con i raggi X? Sotto i mulini c’è un altro quadro. Una natura morta. Una rappresentazione composta da elementi che, rispetto alla raffigurazione dei mulini, fanno pensare a quadri che sono stati realizzati soltanto molti anni dopo. Non siamo più a fine ‘800. Siamo agli inizi del ‘900. Alla famiglia, alla restauratrice, ed al professore, emerge un’ipotesi che sarà poi dirompente: la metafisica di Giorgio De Chirico. Ne segue l’unica decisione possibile, presa dopo attenta ponderazione : togliere tutti i mulini di Coral e far risplendere quello che, dalle premesse, sembra essere un capolavoro. Il Capolavoro si svela…. Ci troviamo di fronte all’inizio concettuale della Metafisica: lui dipinge e inventa questa corrente artistica, senza saperlo. Solo anni dopo dirà che è pittura Metafisica. Possiamo quindi dire con certezza che “Parigi, 1911” è la prima vita silente Metafisica di Giorgio De Chirico. “ La storia della scoperta del quadro è veramente unica e suggestiva. – ha spiegato il Prof. Claudio Strinati (consigliere scientifico della Fondazione Isa e Giorgio De Chirico)- Quante volte abbiamo sentito parlare di un quadro antico che in passaggi successivi di proprietà viene ridipinto e l’originale scompare alla vista? E un caso non frequentissimo, ma comunque abbastanza tipico. Ma qui si tratta di una situazione apparentemente simile e invece completamente diversa, inattesa, entusiasmante. Una situazione da considerarsi più unica che rara”.

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