Il suffragio femminile, ovvero il diritto di voto esteso alle donne, è stato concesso nei vari paesi del mondo in tempi e modi diversi, faticando molto
ad affermarsi. Il movimento politico di emancipazione femminile nato per
estendere il suffragio alle donne (dalla parola suffragio nel suo significato di voto) è stato storicamente quello delle suffragette. Le origini vanno ricercate nella Francia della fine del ‘700 quando, agli inizi della Rivoluzione vennero presentati all’Assemblea i 9Cahier de Doléances des flemmes, una prima richiesta formale diriconoscimento dei diritti delle donne. Nell’800 il movimento si radicò in Gran Bretagna e in seguito negli Stati Uniti, dove le suffragette vinsero la loro battaglia per il voto solo nel 1920, cento anni fa. Ma il suffragio femminile, per quanto diffusa e radicata fosse la tradizione di considerare la donna un essere inferiore, era stato concesso in alcuni paesi già prima. La Repubblica di Corsica garantì il diritto di voto alle donne nel 1755, quando divenne indipendente da Genova (revocato dai francesi nel 1769), lo stato del New England dal 1756 al 1768, (durante il periodo coloniale americano) e del New Jersey dal 1776 al 1807, le Isole Pitcairn9nel sud Pacifico dal 1838 e l’isola di Franceville delle Nuove Ebridi, il Territorio del Wyoming negli USA dal 1869 fino al 1890 (quando fu annesso all’Unione), la Contea di Norfolk dal 1856 e l’Isola di Man dal 1881, la Nuova Zelanda dal 1893 e l’Australia dal 1903. In Europa il primo stato a riconoscere il suffragio universale fu il Granducato di Finlandia, con le prime donne elette in parlamento nel 1907, mentre l’Islanda lo riconobbe nel 1915. Al tempo della Prima Guerra Mondiale il suffragio femminile era riconosciuto nei Regni di Danimarca dal 1908 e di Norvegia dal 1910. La Russia Sovietica concesse la parità di diritti tra uomo e donna in piena Rivoluzione nel 1917 come in Canada, mentre in Gran Bretagna le donne, che avevano ottenuto il 9diritto al voto municipale nel 1869 e il diritto di stipulare contratti nel 1882, solo nel 1928 raggiunsero la piena uguaglianza con gli uomini. Le donne tedesche, irlandesi, rumene, ungheresi e polacche ebbero il diritto di voto nel 1918, le donne olandesi e svedesi nel 1919. In Turchia Atatürk concesse alle donne di votare nel 1926; in Spagna l’uguaglianza si ebbe nel 1931 mentre in Portogallo solo nel 1976, quando invece in Birmania le donne già votavano dal 1922, in Thailandia e in Brasile dal 1932, in Uruguay dal 1937. In Francia, nonostante le varie rivendicazioni, le donne ottennero il voto nel 1944. In Italia, dopo tanti tentativi andati a vuoto, si dovette attendere fino al 1946 con le prime elezioni amministrative del 10 marzo e poi, a livello nazionale, con il referendum istituzionale e l’elezione
dell’Assemblea Costituente del 2 giugno. In Lombardia, Toscana e Veneto,
però, le donne partecipavano alle elezioni di politica locale già nella
prima metà dell’Ottocento, anche se non potevano essere elette: un diritto
che venne meno con l’unità d’Italia nel 1861. Il diritto di voto alle donne fu introdotto nella legislazione
internazionale nel 1948 quando le Nazioni Unite adottarono la Dichiarazione universale dei diritti umani. Il suffragio femminile è stato considerato un diritto anche con la Convenzine sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, adottata dalle Nazioni Unite nel 1979,
sottoscritto da 189 nazioni. Nel secolo scorso, a partire dagli anni Novanta, questo diritto è stato riconosciuto in tutto il mondo, eccetto in alcuni paesi musulmani. Nello Stato della Città del Vaticano il voto è limitato ai Cardinali che non hanno compiuto 80 anni. (OD)
(ph arch.).

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